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Nessun italiano è stato maltrattato. Perché l’italiano, un po’, si sente maltrattato quando vede che il suo cibo dell’anima, il piatto preparato allo stesso modo da generazioni viene storpiato da un “barbaro” qualunque.

Essere famosi è una cosa bella… ti riconoscono per strada, ti sorridono, sono gentili con te… ma questi vantaggi hanno anche un’altra facciata… vogliono il selfie anche se hai le occhiaie, baci e abbracci non desiderati, invadenza. Questa è la vita della persona famosa, ma una cosa simile accade alla cucina italiana. Conosciuta e apprezzata in tutto il mondo, dalle tecniche di base semplici da riprodurre e fortemente personalizzabile se parliamo di pasta. Ed è questo il guaio.

Adattiamo le ricette ai nostri gusti o a quello che troviamo al mercato – non sempre ideale per fare la ricetta straniera che abbiamo in mente – ma noi andiamo avanti. Pensiamo che una certa combinazione di gusti o texture collaudata da secoli non abbia senso e modifichiamo a nostro parere, per poi dire che “la cucina X fa schifo”…

E come “gli altri” hanno dei preconcetti sulla cucina italiana, gli italiani li hanno sulla cucina altrui.

Oggi iniziano “nessun italiano è stato maltrattato” con un classico italiano, il carpaccio di manzo nato al Harry’s bar di Venezia dalla mano di Giuseppe Cipriani nel 1950, un capolavoro di pochi e ben equilibrati ingredienti (qui) che oggi sarà “maltrattato” in tre diverse versioni francesi.

Versione “tanto loro lo mettono dappertutto”.

• Filetto o controfiletto di manzo tagliato sottilissimo.
• Scaglie di parmigiano reggiano o grana.
• Pesto alla genovese, rigorosamente in barattolo.
• Olio extravergine d’oliva, q.b.
• Succo di limone, q.b.
• Sale, q.b.

Disponete le fette di carne a ventaglio su un piatto e conditele con sale, olio e limone, disponete le scaglie di formaggio sulla carne e “annaffiate” con il pesto di basilico.

Accompagnate da baguette, non vorrete mica non fare la scarpetta in cotanta meraviglia?

Versione “includiamo un tocco nostrano”.

Carpaccio di manzo alla provenzale. In quanto è conosciuta la vicinanza geografica del Veneto con la Provenza francese ed è ovvia la contaminazione culturale e/o gastronomica…

• Filetto o controfiletto di manzo tagliato sottilissimo.
• Strisce di peperone rosso e giallo arrostito.
• Pomodoro secco sottolio.
• Capperi, sottaceto, in modo da completare il tutto nel peggior modo possibile.
Disponete sul piatto la carne e decorate un po’ in stile Pollock con l’aiuto dei peperoni, il pomodoro secco ed i capperi.

Accompagnare di medicinali protettori dello stomaco.

Versione “a me piace, mettiamocelo”.

•Filetto o controfiletto di manzo tagliato sottilissimo.
• Rucola.
• Scaglie di parmigiano reggiano o grana padano.
• Cipollotto fresco.
• Olio extravergine d’oliva.
• Limone.
• Sale.

Preparate il carpaccio come siete soliti fare (invece che nella versione tradizionale con la salsina e senza formaggio né rucola) e rifinite con delle rondelle di cipollotto fresco che vi eviteranno di sentire il gusto di tutti gli altri ingredienti.

Accompagnare con tanto vino, per dimenticare.

E fu così come i vicini mangiatori di brioche, paté e vestiti con maglie a righe e basco in testa rovinarono un piatto italiano. E ricordatevi che i luoghi comuni e le generalizzazioni non sono mai a senso unico 😉

Testi e fotografie a cura di Silvia de Lucas Rivera

10 Comments

  • Eleonora

    9 Giugno 2017 at 12:25

    Niente, io li leggo e rileggo in anteprima, ma ogni volta muoio dal ridere. Grande Silvia!!

    1. Silvia

      9 Giugno 2017 at 12:50

      Grazie! Essere cattiva per il Calendario è un vero onore.

  • Michael

    9 Giugno 2017 at 12:45

    Perché? non si mettono pesto e rucola sul carpaccio? :))

    1. Redazione

      9 Giugno 2017 at 12:51

      Professor dottor Meyers, quoque lei! 😀

  • Giulietta

    9 Giugno 2017 at 16:59

    Proprio ieri sui giornali americani (credo, non ricordo di preciso), ci hanno presi per i fondelli perché dicono che noi siamo troppo attaccati ai nostri prodotti e alle nostre ricette e sarebbe questo il motivo per il quale non siamo capaci di fare soldi e, dunque, moriremo poveri.
    Loro prendono la nostra pizza, ammassano un impasto per nulla lievitato, aggiungono pomodori “soiodadovevengano”, spargono mozzarella siliconata, ne fanno una catena (pizza hut) e si arricchiscono.
    I liguri sarebbero rei di non permettere che la focaccia al formaggio possa essere sparsa al di fuori dei confini di Recco, quando un qualsiasi americano sarebbe in grado di distribuirla al mondo intero, senza farsi troppi … s…trapazzi mentali come quelli che ci facciamo noi.
    Abbiamo la colpa di aver chiesto la protezione per un numero di prodotti praticamente triplo (oltre 900) a quelli protetti su richiesta della Francia e non so più da quale altra nazione.
    Insomma, ci accusano di essere tanto bravi ma di non saper far fruttare i nostri talenti.
    Per farli fruttare, un produttore italiano di Grana Padano è andato a produrlo all’estero e sta facendo soldi, senza chiamare ciò che produce…Grana Padano perché, ovviamente, lo produce con latte di mucche che non poggiano le zampe su suolo italiano.
    Io dico solo che per mangiare una ciliegia che sappia di ciliegia di vero albero, di vera campagna, fatico come una bestia e che per le albicocche, ho ormai perso ogni speranza.
    Nella sostanza ci invitano a distribuire nel mondo tutto ciò che abbiamo creato, fregandocene della provenienza dei singoli ingredienti assemblati….
    Non so che pensare….

    1. Silvia

      14 Giugno 2017 at 21:01

      Non pensare, mangia.

  • Marina

    10 Giugno 2017 at 16:00

    Rido !! Certo che un giro di balsamico ci starebbe eh…

    1. Silvia

      14 Giugno 2017 at 21:02

      Balsamico? Naaaaaaaa!
      Glassa, che sarebbe ancora meglio (cioè peggio)…

  • Anna Laura

    13 Giugno 2017 at 13:50

    E io, che quasi quasi metto la cipolla di Tropea anche nel caffè? Alla gogna, alla gogna 😀 Silvia, sei un vero spasso!

    1. Silvia

      14 Giugno 2017 at 21:02

      Buona la cipolla! Ma non ovunque… 😉

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