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La Sardegna è una terra dai colori vivaci, dai profumi e sapori intensi, una terra ricca di tradizione e di prodotti unici che la sanno raccontare tutto il suo carattere e la sua unicità. La fregula, questa pasta dalla preparazione e dal formato così particolare, ci parla di antiche usanze, di lavoro continuo e silenzioso; i suoi condimenti la rendono un’immagine del territorio stesso e delle sue ricchezze. E’ la tradizione che conserva questi prodotti, così come è stata la tradizione – unita al duro lavoro – a portare Luigi Pomata in cucina e  renderlo interprete nella sua isola. E proprio Luigi Pomata accompagna il Calendario, nella Giornata dedicata alla Fregula, alla scoperta di questa pasta, del suo modo di interpretarla e della sua stessa cucina che altro non è che lasciar parlare la Sardegna. 

La fregula riporta alla sua terra, la Sardegna: ha dei ricordi legati a questo prodotto magari di quando non era ancora cuoco?

Si tratta sicuramente di uno dei formati che prediligo, molto vicina al Cous Cous: ritengo sia perfetta in tantissime preparazioni, fredde o calde, salate o dolci

Quali sono le caratteristiche principali della fregula, quali le attenzioni nel cucinarla, gli abbinamenti migliori secondo lei?

Deve essere un buon prodotto con una filiera controllata, rigorosamente al dente e ovviamente anche se si sposa benissimo con tutto io nei miei ristoranti la preparo con il pesce in mille varianti

Nel corso della sua carriera sicuramente ha cucinato la fregula in diverse proposte: a quali è più legato e perché?

Sicuramente mi è piaciuto tanto trasformare la storica Linguina alla Nicolo di mio Padre in carta nel ristorante di Carloforte dal 1973,
 in  una piacevolissima preparazione da gustare tiepida o fredda preparata con la fregula… così nasce la “Fregula alla Nicolo, con il nostro tonno all’olio, capperi, olive verdi e nere, buccia di limone e pecorino“.

Cosa racconta della Sardegna la fregula e le ricette che la vedono come protagonista?

Ritengo sia il formato di pasta che più ci caratterizza come regione; certo ne abbiamo anche altri ottimi, ma le piccole palline di fregula si differenziano davvero tanto dai formati di pasta regionali, preparata da nord a sud in mille varianti di pesce e carne, sempre ottima.


Cosa racconta la sua cucina della Sardegna e cosa di lei?

La mia è una cucina creativa radicata nel territorio, un menù che attraversa mare e terra, fatto di prodotti che cercano di arrivare tutti dalla nostra Isola piena di eccellenze spesso trascurate e un po’ dimenticate: ecco, la mia idea è quella di riscoprirle e portarle ad un vasto pubblico.
Si spazia dal crudo alle ostriche, una bella selezione di primi con ingredienti…pochi ma di grande impatto; il tonno la fa da padrone ma cede galantemente il passo al resto del mare. Naturalmente ho in carta qualche piatto di terra ma pochi, ben studiati e mai trascurati. I miei menu parlano della Sardegna aggettivo che userei per descrivere la mia cucina.

Se dovesse descrivere la sua carriera finora quali mi citerebbe e perché?

Sono cresciuto in cucina tra i piedi di mio nonno e, dopo, tra quelli di mio padre che mi ha insegnato i profumi e i tempi di questo lavoro.Oggi più che mai investire sulla propria preparazione premia, non è più tempo di improvvisarsi in nessun lavoro.

Sin da ragazzo Nicolo, mio padre, mi diceva “viaggia e vedi il mondo, quando tornerai ne saprai una in più degli altri”.
Così ho fatto. Ho lavorato a New York da Sirio Maccioni e a Londra da Marco Pierre White quando il mondo dell’alta ristorazione era davvero per pochi e ogni estate tornavo a Carloforte, a casa mia, a fare la stagione nei locali di famiglia.

Sono andato alla prova del cuoco 15 anni fa, quando la cucina non era di moda come oggi, ho fatto sorridere per il mio accento Carlofortino ma ci sono riuscito: bisogna puntare in alto, guardare lontano, mettersi in gioco e fare tanti tanti sacrifici; non si smette mai di imparare in questo lavoro.

Cosa significa essere chef ed avere un ristorante in Sardegna: quali le peculiarità, i punti i di forza e le difficoltà?

Certo, vivere su un isola ha molti pro ma altrettanti contro; non nego che è indispensabile viaggiare, muoversi per portare la propria cucina in giro per il resto dell’Italia e del mondo, ma in generale è fattibile. Ci vuole molto impegno…ma ogni lavoro se hai standard alti ne ha bisogno. 
Il lavoro del cuoco e della ristorazione in generale, sì fa per passione; non ci sono feste e si lavora sempre quando gli altri si svagano. Ma io lo amo e ci sono abituato.


Quali sono i suoi gli ingredienti  preferiti da cucinare? 

Vengo considerato lo Chef del Tonno Rosso, in parte è vero. Questa è la tradizione della mia terra, ma resto pur sempre un curioso che ama sperimentare e ritengo indispensabile valorizzare la materia prima, reinterpretare piatti della tradizione per portarli in modo sempre attuale sulle tavole dei nostri giorni. Amo ricercare l’eccellenza: se vivi in un’isola ricca come la nostra sei quasi obbligato ad approvvigionarti esclusivamente da produttori locali; ma se vuoi un buon baccalà, deve arrivare dal nord Europa perché là è l’eccellenza, se vuoi un ottimo lardo ci vogliono le vasche di marmo di Colonnata. La legge è preservare le tipicità, quindi dall’Olanda mi arrivano i tulipani, non di certo i pomodori coltivati in serra.

La Sardegna è una terra dai colori intensi, quanto è importante il colore nella sua cucina e nella composizione di piatti?

Il colore è tutto, si mangia prima con gli occhi e poi con la bocca. Certo non bisogna mai scordare che le due cose devono andare di pari passo, bontà e bellezza!!!

Quale è il piatto del cuore di Luigi Pomata?

Non c’è un piatto del cuore, ci sono i profumi della cucina annusati sin da bambino tra i piedi di mio nonno.

Quale è, invece, il piatto del ricordo?

Uno spaghetto davvero al dente con arselle e bottarga di muggine.


Quali sono le certezze e le sue sfide?

Non ci sono certezze, ogni giorno bisogna dare il massimo se non si vuole perdere quello che si è costruito con tanto sacrificio. 
Sfide… per ora sono tranquillo meno di un anno fa ho aperto il mio nuovo locale, il “Next“, dove preparo una pizza gourmet a lunga lievitazione e una serie di burger insoliti dagli abbinamenti che richiamano i piatti del mio ristorante. Vedremo, di sicuro non sono uno che sta fermo.

E ora mettiamoci ai fornelli perché lo Chef Pomata ci ha regalato una sua fantastica ricetta di riso con cavolfiore e Tonno, per cui è conosciuto in tutto il mondo!

Riso con pesto di cavolfiore, e cuore di tonno

Ingredienti

320 gr Riso Carnaroli
2 Scalogni tritati
80 gr cuore di tonno secco
1 bicchiere Vino bianco secco “Vermentino”
1/2 lt Olio extra vergine d’ oliva
25 gr Burro
300 gr cavolfiore
30 gr. Pinoli tostati
2 lt brodo vegetale
1 mandarino
q.b. Sale, pepe, rosmarino selvatico

Prendere il cavolfiore, lavarlo e sbollentarlo per 2 volte in acqua, togliere la parte centrale e frullare con i pinoli, olio e sale.

In un tegame con olio ed il burro far dorare a fuoco basso lo scalogno tritato, aggiungere il riso e farlo tostare, bagnare con il vino e, girandolo, farlo evaporare. Continuare la cottura con il brodo vegetale e quando è quasi ultimata, spegnere il fuoco ed aggiungere il cavolfiore, il cuore di tonno grattugiato ed il pepe.
Attenzione al sale in quanto il cuore risulta salato.

Lasciar riposare coperto per alcuni minuti, aggiungere il rosmarino.
Servire nel piatto finendo con buccia di mandarino e germogli.

Intervista a cura di Laura Bertolini – Eventi e Contatti con gli Chef

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