Blog post

Pollo alla Marengo: Italiano o Francese? Leggenda o realtà? Piatto di fortuna o falso storico?

Mentre cercavo un piatto straniero che potesse rappresentare il Pollo alla Marengo per le Voci degli Altri, i francesi di casa sono intervenuti.
Poulet Marengo sul Calendario del Cibo Italiano? Com’è possibile, se è un classico della cucina francese?
Ma no che è piemontese, ma no che è francese, ma… andiamo a vedere.

Effettivamente il Sauté de Poulet Marengo è riportato dai grandi pilastri della cucina francese, da Escoffier a Pellaprat e su libri storici come il Libro d’A-B de Périgord, datato del 1852, solo per citarne alcuni.
Le ricette sono poco diverse tra loro ma, tra tutti i sauté di pollo, è quella che spicca non solo per il potpourri di ingredienti, ma anche per essere l’unica della gran serie dei piatti di pollo dei francesi, ad usare olio d’oliva invece del burro per la rosolatura. A parte il nome italianissimo, solo quel dettaglio mi fa pensare che, in fondo, qualcosa l’Italia doveva avere a che fare.

Allora decido di mettermi alla ricerca delle vere origini, tra documenti dell’epoca e libri di storia gastronomica e non, grazie a un accesso ai dati della Bibliothèque Nationale de France, datomi specialmente per l’occasione.
Ciò che trovo è sorprendente. Non solo sull’origine stessa del piatto, ma anche sulle varie teorie che portano alcuni a far pensare che potesse trattarsi addirittura di un falso storico.
Scopro che le origini sono di fatto confuse, proprio come i suoi ingredienti.

La storia più conosciuta è che il Pollo alla Marengo sarebbe stato letteralmente inventato, sul campo di battaglia di Marengo, in Piemonte, il 14 giugno 1800 da Dunant, lo chef svizzero di Napoleone Buonaparte, allora Primo Console.
È la teoria sostenuta anche da Joseph Favre (1849-1903), fondatore dell’Académie Culinaire de France e storico della cucina che scrive:

«Questa ricetta e la sua storia sono state confidate dall’illustre Dunand, cuoco dell’Imperatore a Marengo, a mio cugino A. Bovier, Intendente di Valais.»

Favre racconta che la battaglia era stata molto movimentata e che, dopo aver messo gli Austriaci in fuga, l’Imperatore scese da cavallo e ordinò a Dunand, di servirgli subito la cena. In quel momento erano abbastanza lontani dal villaggio, così che il cuoco mise subito in marcia messaggeri e ufficiali d’ordinanza per andare a cercare delle provvigioni. Uno portò tre uova, un’altro quattro pomodori, un terzo sei gamberi di fiume e il quinto un polletto e, come unica batteria di cucina, una padella. Con tutto ciò, Dunand si vide in difficoltà per creare un menù, anche rudimentale, per Bonaparte e i due ufficiali che l’accompagnavano. Ma, in mancanza di meglio, improvvisò una cucina campestre.
Fece prima un potage di fortuna, senza burro, con acqua con solo sale e aglio.

Pulì il pollo, lo tagliò in pezzi e come non c’era né burro, né cipolle, lo condì con solo sale e pepe, lo mise a rosolare nell’olio caldo con due spicchi d’aglio e lo tolse; fece anche friggere le tre uova nell’olio, le ritirò, mise il pollo di nuovo, lo bagnò con dell’acqua; sbucciò, privò dei semi e tagliò i pomodori e li aggiunse al pollo; mondò i gamberi di fiume e li fece cuocere al vapore sopra il pollo e appena cotti, li ritirò. Visto che non c’era vino per migliorare il gusto della salsa, aggiunse un po’ di cognac, dalla borraccia del generale. A questo punto, mise il pollo su un piatto di stagno, ci versò su la riduzione della salsa e lo decorò con le uova fritte e i gamberi.

Napoleone, che quel giorno era di straordinario buon umore, mangiò rapidamente il potage si godette così tanto il pollo, che disse a Dunand: « Mi servirai questo dopo ogni battaglia »
In un secondo momento, Dunand perfezionò il piatto aggiungendo dei funghi, del vino bianco e togliendo i gamberi di fiume, che secondo lui, non stavano bene nel piatto.
Ma un giorno, servendogli il piatto Bonaparte divenne furioso, agitò il vassoio, diede un forte colpo sul tavolo e chiamò Dunand e gli disse: « Hai tolto i gamberi dal Pollo alla Marengo, ciò mi porterà sfortuna, così non lo voglio ». Ecco perché ancora oggi, malgrado la supposta discordanza di sapori, si continua a mettere i gamberi nel pollo alla Marengo.
Questo è ciò che scrive Fabre nel Dictionnaire Universel de la Cuisine Pratique, il cui primo volume data del 1885.

Ora, in qualsiasi parte del mondo un cui ci si trovi, se si ha un pollo e una casseruola, ci si guarda intorno e lo si cucina con gli ingredienti locali di fortuna e si improvvisa una ricetta, che può risultare in un capolavoro o in qualcosa di immangiabile. A Dunand pare che sia riuscita bene.

Ma è andata davvero così?

Se si leggono le memorie di Constant Wary, primo valletto di Napoleone durante tutto il suo regno, si capisce che all’Imperatore non piaceva passare tempo a tavola, mai più di 8-10 minuti, che amava mangiare solo, rapidamente e con le mani e che ad ogni pasto beveva un bicchiere di Chambertin allungato con acqua. Ma sopra ogni cosa ciò che ci dice Wary è che Napoleone amava il pollo e lo richiedeva praticamente a tutti i pasti. Persino nell’ultimo prima della sua morte.
Il pollo era facile da reperire e comodo da mangiare con le mani in qualsiasi occasione. Il Marchese de Cussy, il gastronomo di Napoleone, si vantava infatti di avere inventato 365 ricette diverse di pollo.
Tutto ciò ci riporta al Pollo alla Marengo, o Sauté de Poulet Marengo. Sembrerebbe che la ricetta originale fosse in realtà una ricetta Piemontese già esistente da prima della battaglia, che il Console l’avrebbe persino mangiata il giorno prima della Vittoria, che avesse chiesto in realtà a Dunand semplicemente di rifarla, e che Dunand finì comunque per modificarla, non avendo a disposizione tutti gli ingredienti dell’originale.
Gli anni seguenti sarebbero serviti solo a gonfiare la legenda e a persuadere che Dunand avesse effettivamente inventato la ricetta.

Ma non finisce lì.

Secondo lo storico Pierre Branda, Dunand avrebbe preso servizio da Napoleone solamente ad agosto del 1802, due anni dopo la Battaglia di Marengo. Inoltre, i pomodori utilizzati, a quell’epoca erano visti dai francesi solo come pianta ornamentale e mangiati solo da qualche Marsigliese.
In Francia, per molto tempo, ci si persuase che la ricetta fosse davvero francese e si cercarono preparazioni simili nella tradizione Provenzale.
Fu solo nel 1837, che lo scrittore Antoine Claude Pasquin, nel suo libro L’Italie Comfortable, mise in dubbio l’origine del piatto. La ricetta avrebbe avuto numerosi punti in comune con un’antico «Pollo alla Piemontese», conosciuto da molto prima che il Corso arrivasse in Italia.
Pasquin scrive letteralmente: «In quanto al pollo alla Marengo, improvvisato dopo la battaglia per il primo console, con dell’olio, perché mancava il burro, dei funghi, delle spugnole, del vino bianco e dei crostacei che si trovavano sul luogo, è di origine Piemontese, la vittoria l’ha naturalizzato francese».

Ricetta Napoleonica o copia di ricetta italiana?
Piatto di fortuna o falso storico?
O semplicemente una preparazione che vanta due origini per luogo di nascita e paternità di nazionalità diverse?
A voi giudicare.

Testi a cura di Eleonora Colagrosso

2 Comments

  • Manu

    14 Giugno 2017 at 11:30

    Meravigliosa questo approfondimento Eleonora forse non risolverà la paternità del pollo, ma ci ha arricchito nel capire come la storia della cucina sia ricchissima di fonti
    Grazie

  • Pellegrina

    19 Giugno 2017 at 16:49

    Be’ direi che l’unica è vedere se nei ricettari piemontesi precedenti si trova qualcosa di simile a questa ricetta. Anche io comunque sarei perplessa all’idea dei gamberi, sia pure di fiume, insieme alla carne pero’ in certe tradizioni come la spagnola mi pare che si usino. Potrebbe essere qualcosa di occitano? l’area da investigare sarebbe più vasta. Quanto alla BnF recentemente ci hanno fatto un concorso di pasticceria ispirato a Careme… e alle digitalizzazioni di Gallica. Scultura in pastillage e zucchero… E ho detto tutto… quella biblioteca è senza pari! peccato solo che stia in un edificio cosi’ deprimente e in quartiere altrettanto opprimente. Ma non è colpa loro, poveretti.

Comments are closed.

Previous Post Next Post