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Rossano Calabro, in provincia di Cosenza, esiste il Museo della Liquirizia “Giorgio Amarelli”, l’unico nel suo genere che onora e celebra un prodotto che è sinonimo di Calabria nel mondo.

Il Calendario del Cibo Italiano ha avuto il privilegio di poter incontrare personalmente la fondatrice e responsabile, Cav. Lav. Pina Amarelli che ci ha sapientemente illuminati su proprietà e pregi di questa prelibatezza.

La liquirizia (Glycyrrhiza glabra) cresce dalla Grecia alla Cina, seguendo sempre la stessa latitudine, ma diventando, man mano che si sale verso nord, sempre più amara, a causa dei microclimi locali.

La migliore proporzione tra dolce ed amaro si ha nel sud Italia, tanto che la liquirizia calabrese è la più apprezzata in assoluto.

Le sue proprietà medicinali sono molteplici: per esempio fa bene alla gola in quanto, non contenendo zuccheri artificiali aggiunti, la lenisce senza provocarne le irritazioni secondarie tipiche dello zucchero; è utile allo stomaco perché’ crea una barriera protettiva sui tessuti e facilita la digestione; è utile agli ipotesi in quanto eliminando il potassio e trattenendo il sodio fa salire la pressione arteriosa; nell’antichità veniva usata perfino sulle ferite per il suo potere cicatrizzante.

Un altro interessante impiego del suo sottoprodotto è come additivo per gli estintori.

Tutti questi usi derivano dalla capacità della liquirizia di creare una sorta di temporanea patina protettiva. Questo accade anche nel palato, durante la degustazione, per cui ha un passeggero effetto anestetico che, se sapientemente sfruttato, crea degli effetti di gusto molto particolari, esaltando o alleggerendo i sapori dei piatti. E’ infatti attualmente molto utilizzata nelle cucine dei più grandi chef.

Inoltre ha una qualità importante come pianta in sé: è un arbusto infestante con una notevole capacità di crescita e i suoi rami sotterranei crescono in obliquo, intrecciandosi tra di loro e creando così delle barriere naturali che rafforzano argini e scarpate.

La lavorazione della liquirizia ha inizio nella seconda metà del ‘400, quando i latifondisti dell’epoca si rendono conto che le coltivazioni sono difficoltose a causa di alcune piante che ostacolano la lavorazione dei terreni. Decidono quindi di estirparle e nello stesso tempo si rendono conto che le loro radici possono essere commercializzate, quindi da scarto agricolo diventano una risorsa importante nella loro attività. Vengono vendute inizialmente allo stato grezzo sia per il loro sapore gradevole, sia per i benefici che possono dare alla salute. Col tempo, nascono le prime attività di trasformazione delle radici fresche in un prodotto di più facile trasportabilità e di lunga durata. Si riesce così a trovare il modo di estrarne il succo con una lavorazione, fatta tutta a mano, lasciando bollire le radici tritate che poi vengono filtrate e il cui succo si riporta sul fuoco, fino ad una consistenza solida ma malleabile. La pasta ottenuta viene poi rovesciata su grandi tavoli per poi essere lavorata, ancora bollente, dalle mani pazienti e abili delle donne.

Il colore naturale della liquirizia è marrone chiaro che poi, con l’ossidazione naturale data dall’aria, diventa il nero che tutti conosciamo. Infatti, nel processo di solidificazione, l’ultima parte in caldaia viene effettuata a cielo aperto e sotto il controllo del mastro liquiriziaio, che stabilirà il punto giusto di solidificazione. Questo fa sì che la liquirizia non abbia bisogno di coloranti, né dolcificanti.

Insomma, la liquirizia è il prodotto naturale di una radice versatile e benefica che già i nostri antenati hanno saputo scoprire e utilizzare nelle sue molteplici forme e stadi, e che oggi, ancora di più, può essere apprezzata e valorizzata per arricchire la cucina di gusto.

Uno dei derivati più conosciuti è il liquore. Ecco la ricetta.

Liquore alla liquirizia

Ricetta di Annarita Castellani “Dalla Cipolla alla Nduja: Arte in Cucina. Manuale di ricette della cultura gastronomica calabrese

Ingredienti (per 2 litri e ½)
150 g di liquirizia pura in granuli
1 kg di zucchero
1 litro di acqua
750 g di alcool
Preparazione
Sciogliere sul fuoco la liquirizia assieme allo zucchero e l’acqua, facendo bollire per 30 minuti circa, mescolando spesso. Lasciar raffreddare il tutto, aggiungere l’alcool ed imbottigliare.

Il suo consumo può essere immediato, ma con un riposo di un mese o due il liquore ha modo di amalgamarsi e di sprigionare al meglio i suoi aromi.

Dal libro “Dalla cipolla alla ‘nduja” di Annarita Castellani

Testo di Anna Laura Mattesini e Angela Strati

Fotografie  di Monica De Martini e  di  Cinzia Martellini Cortella 

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