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“Ultime della notte”  è stato pubblicato nel 1995 e ha segnato una svolta  nel panorama della letteratura greca per un genere letterario fin allora sottovalutato e forse addirittura snobbato. Il romanzo poliziesco. Il primo  libro  di Petros Markaris  seguito nei successivi 20 anni da parecchi altri,  attraverso il suo protagonista  Kostas Charitos, ci ha gradualmente avvicinato  e  fatto conoscere  un mondo lontano dagli stereotipi e dalle cartoline turistiche blu e bianche cui è abituato il turista straniero. Ci ha fatto conoscere la vita greca vera. Quella della piccola borghesia, dell’immigrazione clandestina, della criminalità organizzata, degli omicidi per vendetta, di faccendieri, di politici e imprenditori corrotti e corruttori, di un certo  giornalismo spregiudicato, del traffico insopportabile e  lo smog di Atene, dell’infinita crisi economica.

 

Petros Markaris

 

Kostas Charitos dirige il reparto omicidi della polizia di Atene. Originario di un paese del nord,  ormai alla mezza età, vive con la  moglie Adriana a Pagkrati, quartiere della capitale greca. Ha un rapporto privilegiato con la loro unica e amatissima figlia, Katerina, tanto cocciuta da far uscire spesso dai gangheri i propri genitori.

Nei  primi libri Katerina studia giurisprudenza a Salonicco ed è fidanzata con uno studente di botanica. “A cosa gli serve la laurea a un fruttivendolo?” chiede  stizzito Charitos che vede la figlia preferire restare a Salonicco con il fidanzato  piuttosto che tornare a casa a Natale.

Nei libri successivi  invece la troviamo avvocato, ha mollato il fidanzato botanico e si è sposata con Fanis, un medico.

Kostas Charitos non avrebbe scelto il mestiere del poliziotto, ma nella Grecia degli anni ’60-70 è stato l’unico modo che gli si è prospettato per sfuggire dalla vita di paese e intraprendere la sua di strada.

E’ molto stimato dai suoi colleghi per il suo lavoro ma non gode di privilegi. Ciò in parte è dovuto alla sua caparbietà e ostinazione di non cambiare rotta nelle indagini quando sono coinvolti potenti personaggi della politica e dell’imprenditoria. Questa intransigenza lo mette spesso in contrasto  con il suo superiore Gkikas. Il suoi subalterni, Dermitzakis e Vlassopoulos gli vogliono bene, ubbidiscono ai suoi ordini senza ribattere ma qualche volta sbuffano: “La gente al ritorno dalle vacanze porta loukoumia e halvadopita. Lei commissario, invece, ci  ha portato un cadavere” lo apostrofano quando durante una vacanza in qualche isola non meglio specificata si è imbattuto in un cadavere da identificare.

Non è un politicamente corretto. Spesso imbarazza i suoi lettori, quando confessa che da giovane poliziotto ha partecipato ai fatti del Politecnico nel 1973, oppure quando usa metodi di interrogatorio appresi dall’Ispettore Kostaras, aguzzino durante la dittatura dei colonnelli.

Non si scusa, non si vanta, sono semplicemente capitoli della sua vita da poliziotto.

Disincantato e amaro, a tratti cinico,  ha piena consapevolezza di quello che è:  “Ormai mi sono rassegnato al fatto di essere  un piccolo borghese la cui vita scorre tra piccole gioie e piccole vendette”.

Tiene tanto alla sua  vecchia Mirafiori che rifiuta di cambiare “solo perché i suoi colleghi hanno macchine nuove”.

Lo troviamo però con una nuova in occasione del matrimonio di sua figlia.

Gira tra le vie di Atene, spesso imbottigliato nel traffico caotico di una capitale di quasi 5 milioni di abitanti e ci porta in giro per la città, vie, viuzze, quartieri e borgate. Meglio di una cartina!!!

Non ama le letture, l’unica cosa che legge disteso sul  letto sono dizionari di lingua greca.

Vuole bene a  sua moglie Adriana, come  vuole bene alla propria moglie o al proprio marito una persona che si è sposata per amore e  che con questa persona ci vive da molti anni. Ha sviluppato la sua cinica teoria sul matrimonio: “Il problema del matrimonio è che cominci bene e finisci male allo stesso modo: dal battito del cuore al primo appuntamento con la donna dei tuoi sogni passi al battito del cuore della convivenza eterna con la donna dei tuoi incubi”.

La famiglia Charitos non è mondana, esce raramente, non fa vita sociale. Qualche volta va in vacanza e quando le circostanze lo permettono o lo dettano si incontrano con i consuoceri, Prodromos e Sevastì. Una delle poche volte che il commissario porta fuori la moglie è per via  di un’indagine; la porta al ristorante francese “Canard d’or” di cui sbaglia il nome e non capisce i piatti dai nomi francesi e altisonanti.

Adora mangiare  ma non cucina e  non ha ristoranti preferiti nei quali peraltro  non va, si abbandona però al piacere colpevole di un souvlaki ogni tanto.

La sua colazione è fatta dall’immancabile “caffè greco e no” fatto con la macchina e non su fuoco lento come tradizione comanda,  e da una brioche nel cellofan che ha sostituito il koulouri che riempiva la sua scrivania di semini di sesamo quando era giovane.

La cucina è affidata interamente a sua moglie Adriana ed è la base del loro rapporto ultra ventennale. Adriana è la classica casalinga greca di vecchio stampo e la sua cucina rispecchia esattamente la sua condizione. Charitos  apprezza enormemente i suoi piatti, soprattutto  i suoi ghemistà  che  come lui stesso ammette, hanno superato quelli di  sua madre. I ghemistà non sono però un piatto e basta. Sono il segnale di distensione  dopo gli inevitabili litigi. Adriana sa che li adora e quando vuole fare la pace i dopo un litigio,  gli manda il segnale attraverso una teglia colma di pomodori e peperoni ripieni di riso.

 

Nel “La balia”, unico libro di Markaris ambientato fuori Atene, Charitos si trova per una vacanza a Kostantinopoli e si imbatte in una serie di omicidi.  Durante il soggiorno conosce  la cucina turca e ne resta ammaliato. I dolci, le verdure, i koulouria che mangia ogni mattina a colazione in albergo lo incantano. Come lui, anche sua moglie.

Ma il cibo in questo romanzo non è solo godimento. Diventa anche arma di delitto. La vecchia Habena, autrice degli omicidi, li compie mettendo del veleno nella tyropita che prepara lei stessa e che a detta di tutti sa fare con maestria.

Nella “trilogia della crisi” che si conclude con un quarto libro, “Titoli di coda”, la famiglia Charitos ospita i consuoceri che si trovano in seria difficoltà economica, quella che ha travolto milioni di greci dal 2009.  Tra tagli di stipendi e incertezze sul futuro, Adriana ha dovuto oltre a tutto il resto ridimensionare anche la sua cucina. Cucina povera ormai, ma che mani sapienti trasformano in piatti deliziosi, in attesa che veramente si mettano i titoli di coda alla crisi più cruenta dal dopoguerra in poi per un paese che si è visto strangolare la classe media, quella piccola borghesia cui appartiene tra cinismo e fierezza il commissario greco più famoso al mondo.

 

Testo e foto: Irene Giazitzoglou

Immagine di copertina: Wikimedia Commons

 

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