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Pesto e non solo …

Il pesto genovese assurto a fama e popolarità mondiale tanto da essere identificato nell’immaginario collettivo come il pesto per eccellenza non è che una variante, forse la summa, delle innumerevoli salse pestate di cui è ricca la cucina italiana.

Più che il pesto, i pesti e il pestare.

Le salse pestate sono tra i più antichi e semplici condimenti della storia della cucina, rappresentando il livello immediatamente successivo al mero approvvigionamento del cibo finalizzato alla sopravvivenza,  la ricerca del gusto.

I pesti più che una tipologia di salse costituiscono una modalità di preparazione culinaria che prescinde dalla cottura e risponde all’esigenza  di insaporire il cibo crudo o cotto che sia.

Il nome dal gesto, il pestare, compattando insieme aromi ed ingredienti che prima esano semplicemente sparsi sul cibo per  renderlo più allettante e favorirne la conservazione.

L’elemento che accomuna tutte le tipologie di pesto è la modalità di realizzazione, il pestare insieme gli ingredienti a freddo, mescolando a pressione,  amalgamandoli  fino ad ottenere un composto unico nel quale ciascun elemento non perde le proprie caratteristiche organolettiche peculiari che, al contrario, vengono affinate ed esaltate nell’unione.

La prima ricetta “codificata” di salsa pestata nella storia della cucina italiana risale a Virgilio che descrive il moretum una salsa utilizzata  dai romani per insaporire i frugali pasti contadini, ottenuta pestando in un mortaio, moretarium, attrezzo per realizzare il moretum. formaggio, aglio, erbe, sale, olio e aceto.

Gira il pestello, e ne l’informe pasta

di più colori fassi un sol colore:

bianco non è, ché l’erba gliel contrasta

verde no, ché gliel nega il bianco umore.

Fan que’ cibi in perdendo lor virtute,

una di molte lor virtù perdute.

                                                                                                                                             Giacomo Leopardi

Tutto nasce dall’aglio e dalle sue proprietà di conservante naturale.

Non a caso la maggior parte della salse pestate conteneva una buona dose di aglio in grado di assicurare insieme al gusto una più lunga la conservazione degli alimenti soprattutto in mancanza di ambienti refrigerati e in condizioni “estreme”.

Dall’aglio nasce l’agliata, una salsa in uso già dall’epoca medioevale nella Repubblica marinara di Genova, probabilmente mutuata dai contatti commerciali dei genovesi con l’oriente, che univa le proprietà organolettiche e conservanti dell’aglio a quelle dell’aceto ed era usata per condire e conservare preparazioni a base di pesce nei lunghi viaggi per mare.

Dall’agliata a Genova nasce la salsa di noci o agliata bianca,  sarsa de noxe o tocco de noxe, a base appunto di noci, aglio, pane ammollato nel latte che è ancora utilizzata come il tradizionale condimento dei pansoti.

Le rotte dei marinai genovesi segnarono la diffusione nel mediterraneo di questa modalità di condimento/conservazione del cibo che, adattata ed elaborata secondo le esigenze, gli  ingredienti e il gusto locale ha dato vita ad una miriade di prelibate salse pestate.

A Bosa in Sardegna si prepara ancora un’agliata realizzata con l’aggiunta di pomodoro secco e aromi utilizzata come condimento per piatti di pesce fritto o bollito.

A Trapani, altro porto toccato dalle rotte genovesi, l’agliata arricchita di mandorle e pomodoro ha dato vita al pesto trapanese col quale si realizza un’inequivocabile pasta cu l’agghia.

Il venir meno dell’esigenza di conservazione degli alimenti e, insieme, il raffinarsi dei gusti ha fatto si che nel tempo le percentuali di aglio nelle salse pestate si siano progressivamente ridotte, in qualche modo compensate dalla diversa proporzione della parte grassa rappresentata da formaggio,  frutta secca e olio, addensanti naturali, a vantaggio quindi di una maggiore cremosità dei pesti “moderni”.

Si sono così via via codificate ricette, dosi e proporzioni.

Di fatto mantenendo il giusto equilibrio e proporzione tra le componenti grasse e aromatiche e seguendo le tecniche di preparazione di base è possibile realizzare pesti con qualsiasi ingrediente con innumerevoli possibilità di sfumature e variazioni.

Dai pomodori secchi alle rape, dalle olive nere al peperoncino, dai broccoli ai  pistacchi passa cavolo nero e chi ne ha più ne metta.

Si fa presto a dire pesto …

Alessandra Molla – Salsa di noci genovese

Anna Laura Mattesini – Pesto calabrese

Anna Maria Bustelli – Pesto alle zucchine

Annarita Rossi – Pesto ai broccoli

Antonella Eberlin – Pesto olive

Bianca Berti – Pesto ai pomodori secchi

Katia Zanghì – Pesto trapanese

Leila Capuzzo – Pesto alla rucola

Manuela Valentini – Pesto al cavolo nero

Ottavia Bielli – Pesto ai pistacchi

 

Testo di Anna Calabrese

Foto di Tamara Giorgetti

 

Appendix vergiliana, Publio Virgilio Marone, nella traduzione di Giacomo Leopardi consultata qui:

http://www.margutte.com/wordpress/wp-content/uploads/2016/06/Moretum-testo-latino-e-traduzione-di-Leopardi.pdf

https://it.wikipedia.org/wiki/Agliata

https://it.wikipedia.org/wiki/Moretum

1 Comments

  • Franco

    25 Ottobre 2017 at 11:13

    Non condivido l’articolo. Se si guardano i ricettari ottocenteschi tutte le salse erano pestate, perché fatte con ingredienti pestati/tritati, e si chiamavano tutte “salsa”. Solo due si chiamavano Pesto: quello genovese e quello veneto di lardo rosmarino e aglio, nato come ripieno del pollo pesto (brodo di pollo) da cui il nome, e diventato poi l’emiliana cunza. Tutto il resto sono per il 90% scimmiottamenti del pesto genovese partoriti solo negli ultimi due decenni (pesto calabrese, pesto di pistacchi, pesto di rucola, pesto di aglio orsino, pesto di cavolo nero) e per il 10% ricette tradizionali che non sono pesti e non si chiamano pesti (quello siciliano è “l’agghia”, quello mantovano è “il paston”, o la salsa di noci erroneamente detta pesto di noci). Fino agli scorsi anni 90 un non ligure che sentiva dire “facciamo il pesto” pensava subito ad un pugno in un occhio, ora ognuno rivendicherebbe una tradizione regionale di pesto fatto secondo lo schema erbe-frutta secca-formaggi-olio (schema solo ligure) e si sminuisce una ricetta tradizionale tipica come “una variante” di tutte le sue copie?

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