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… inde domum me
ad porris et ciceri refero laganique catinum

Orazio

La ciceri e tria, tradizionale specialità salentina, rappresenta un raro caso di archeologia vivente nel mondo della cucina.

Un piatto sopravvissuto ai secoli, ai gusti, alle mode culinarie forte della sua essenziale specificità che ha mantenuto inalterata dall’epoca romana, forse anche da prima, sino ai  tempi nostri, arricchendosi ed acquisendo, accanto al significato gastro – archeologico, nuove e complesse implicazioni di carattere culturale e religioso.

Le lagane condite con porri e ceci, di cui Orazio consumava scodelle, erano delle schiacciate di farina, dal greco laganon, tagliate a strisce e poi cotte in acqua o fritte, in pratica la più antica tipologia di pasta della storia della cucina italiana.

Non a caso Orazio proveniva dall’Apulia, dove già all’epoca, in particolare nelle zone di Taranto, si era usi preparare dei laganon fritti nell’olio che evidentemente come testimonia il poeta latino erano conditi proprio con porri e ceci.

Originariamente erano lagane, rudimentali schiacciate di pasta fresca, successivamente a seguito dei contatti, commerciali e non, con la cultura araba, divennero tria, trasformazione della parola araba atriya, vermicelli, pasta lunga secca tagliata in strisce sottilissime, di pochi millimetri.

Furono gli Arabi  infatti ad elaborare per primi  metodi di essiccazione della pasta e dei cereali per consentirne una più lunga conservazione  e  trasportabilità.

Un alimento legato al nomadismo attecchito e prolificato in una cultura assolutamente stanziale.

Tria e trii vivono ancora nelle tradizioni culinaria salentina e siciliana e rappresentano i progenitori di tutte le paste secche vanto della produzione alimentare italiana.

La ciceri e tria ha assunto nel tempo forti connotazioni rituali e religiose che trovano fondamento forse nel simbolismo legato all’essenzialità dello stesso piatto costituito solo da ceci e pasta.

Come massa di San Giuseppe, la ciceri e tria costituisce uno dei piatti principali delle Tavole di San Giuseppe, antichissime tavolate rituali allestite il giorno di San Giuseppe per offrire un pasto ai poveri del paese.

Un segno di devozione ed insieme la celebrazione della rinascita della vita, dopo il gelo dell’inverno, attraverso l’offerta rituale dei prodotti della terra in una continuazione simbolica dei riti pagani che segnavano l’ingresso della primavera celebrati proprio in marzo e nello stesso arco temporale.

Quanta storia e quanto sapere in una manciata di ceci e di farina.

Ciceri e tria

per 6 persone:

Per i tria

250 g di farina di semola di grano duro

½ cucchiaino di sale

acqua q.b.

Versate su un piano da lavoro la farina, formate una fontana e al centro aggiungete circa mezzo bicchiere di acqua nella quale avrete sciolto il sale. Impastare aggiungendo altra acqua se necessario per ottenere un impasto morbido e liscio. Lavorate l’impasto fino a quando non sarà elastico. Con dei movimenti rotatori della mano formate una palla. Copritela con della farina e poi a campana e lasciate risposare per almeno un’ora. Stendete la sfoglia con un mattarello formando un cerchio non molto sottile. Piegare la pasta su se stessa più volte, spolverate con abbondante farina prima di ogni piega per evitare che i vari strati  possano appiccicarsi tra di loro. Tagliate le estremità della pasta in modo da formare un rettangolo. Con un coltello tagliate delle fettuccine larghe pochi millimetri. Sciogliete subito la pasta e infarinate. Sistemate la tria sul piano di lavoro e lasciate asciugare per un paio di ore.

300 g di tria

300 g di ceci secchi

mezzo cucchiaio di bicarbonato

1 cipolla

1 spicchio d’aglio

una costa di sedano

2 o 3 pomodorini

un ciuffo di prezzemolo

una foglia di alloro

olio di oliva

sale e pepe q. b.

Dopo aver tenuto a bagno i ceci in acqua fredda per una notte, con mezzo cucchiaio di bicarbonato e un po’ di sale grosso, scolarli, lavarli e metterli a cuocere in una pignatta di coccio con abbondante acqua, uno spicchio di aglio e una foglia di alloro. A metà cottura, scolare i ceci, rimetterli a cuocere con altra acqua bollente e tutti gli odori: cipolla, aglio, sedano e prezzemolo tritati, i pomodorini puliti dai semi.

Continuare la cottura, aggiungendo qualche mestolo di acqua bollente. Intanto friggere metà quantità di lasagne tagliate a quadratini; mentre l’altra metà cuocerla al dente in acqua salata. Mescolare la pasta lessa, quella fritta e i ceci privati degli odori e di quasi tutto il liquido di cottura. Fare insaporire  a fuoco vivo per poco tempo e servire il tutto condito con abbondante olio di oliva.

Testo e foto di Anna Calabrese

Per la ricetta della tria

Per la ricetta dei ciceri e tria: Luigi Sada, La cucina pugliese, Newton & Compton editori, 2003

Per le citazioni: Orazio, Satire, UTET, 2015, consultato qui

Luigi Sada, La cucina pugliese, Newton & Compton editori, 2003

Altre fonti: Corrado Barberis. Mangitalia, Donzelli editore 2010, consultato qui

Luigi Sada, Spaghetti e Compagni. Edizioni del Centro Librario, Biblioteca de “La Taberna” 1982, consultato qui

Lejla Mancusi Sorrentino, Maccheronea, Grimaldi&C. Editori, 2000.

http://www.brindisitime.it/a-san-donaci-ce-la-tavola-di-san-giuseppe/

http://www.spizzicainsalento.com/2012/03/ciceri-e-tria-o-massa-di-san-giuseppe.html

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