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La provenienza degli agrumi e la loro origine è a tutt’oggi argomento di numerosi studi e altrettante discussioni. Di certo è che in principio furono il cedro, il mandarino e il pomelo.

foto tratta da qui

Il cedro in particolare si ritiene che fosse conosciuto già a i tempi degli Egiziani, è una pianta antichissima originaria presumibilmnete dell’India e coltivata nel Sud-est asiatico da migliaia di anni. E’ stato il primo agrume a raggiungere l’Europa e ad essere introdotto nel Mediterraneo da Alessandro Magno intorno al 300 a.C.  Era quindi l’unico agrume diffuso in epoca romana e fu Plinio il Vecchio a parlarne per la prima volta in maniera piuttosto approfondita, esaltando le proprietà dell’olio estratto e utilizzato per la conservazione dei papiri. Citrus era il nome che gli venne attribuito. Successivamente riconosciute le sue proprietà medicamentose venne rinominato, con il nome scientifico attuale di Cirtus Medica.

Ma la storia del cedro è strettamente legata alle tradizioni ebraiche. Furono infatti gli ebrei che ne diffusero el coltivazioni prima in Palestina e poi in tutte le regioni dove migrarono portando con se i segreti della sua coltivazione. Il cedro infatti prima di tutto aveva un valore simbolico e una sacralità. Secondo la Bibbia Dio avrebbe detto a Mosè di scegliere “i frutti dell’albero più bello”, e gli Ebrei scelsero proprio il cedro. Di secolo in secolo questo legame fra cedro e religione ebraica non è mai venuto meno e si rinnova continuamente.

Legato all’elemento simbolico, se ne scoprirono anche le incredibili proprietà officinali. Gli estratti della sua buccia e gli oli essenziali vennero scoperti già ai tempi della medicina sciamanica in Asia e utilizzati per le proprietà curative. Va da sé quindi, che sia stato da sempre considerato un frutto divino. Ancora oggi infatti il cedro è pianta ornamentale nei templi cinesi, buddisti e taoisti.

Data la sua sacralità questo frutto non ha avuto subito un’importante utilizzo gastronomico, ma con i Romani troviamo un primo cenno di utilizzo della sua buccia come ingrediente, citato da Apicio. Solo in tempi relativamente recenti è stato invece candito e utilizzato per la preparazione dei liquori.

Il frutto si presenta in forma ovale con un peso che può arrivare fino ai quattro chili. La sua conformazione e natura lo rendono un frutto commestibile a metà, e comunque non commestibile allo stato naturale. Infatti la polpa centrale, a spicchi come quella del limone, è soltanto il 30% circa dell’intero frutto ed è piuttosto dura con un sapore acidulo. Dalla scorza invece, ricchissima di essenze assai gradevoli, si ricava il prodotto utile per la canditura , i liquori e gli sciroppi.

Secondo questo “albero genealogico” presentato da Bressanini, si comprendono le derivazioni e provenienze di gran parte degli agrumi

 

Tra i patriarchi degli agrumi troviamo poi il mandarino. Il progenitore di tutti, originario della Cina, prese il nome “mandarino” si pensa dai funzionari dell’impero cinese. Successivamente rinominato in epoca romana Citrus reticolata. Sebbene in Asia si coltivassero mandarini da millenni, questi non vennero introdotti in Europa sino al XIX secolo. E comunque all’inizio come pianta ornamentale e solo successivamente approdò in Sicilia dove, acclimatandosi perfettamente, venne coltivato con ottimi risultati (qualità dell’Avana)

Il mandarino assomiglia ad una piccola arancia, leggermente schiacciato ad un polo, con una buccia grossa e rugosa molto profumata che viene impiegata anche in profumeria. Il sapore è assai gradevole e grazie al maggior contenuto di zuccheri, rispetto agli altri agrumi risulta al gusto decisamente più dolce, per questo viene particolarmente utilizzato in pasticceria e nella preparazione di bevande alcoliche.

L’olio essenziale di mandarino ha importanti ed utili proprietà benefiche: è un tranquillante naturale ed esercita una particolare azione sedativa sul sistema nervoso. Inoltre aumenta il buonumore e stimola l’allegria.

Le origini del mandarancio e della clementina invece sono incerte: alcuni studiosi pensano che anche queste siano una specie molto antica, originaria sempre dell’Estremo Oriente, ma i più invece ritengono che siano un ibrido nato dall’innesto tra un mandarino ed un arancio dolce (mandarancio) e un mandarino e un arancio amaro (clementina). Su questo argomento esiste un dibattitto molto acceso. C’è chi considera il mandarancio e la clementina come un unico frutto derivante dall’innesto fra mandarino e arancio dolce e chi, seguendo diversi studi scientifici, invece differenzia le due specie basandosi sul tipo di arancia utilizzata. Anche visivamente hanno un aspetto leggermente differente. Tuttavia considerando l’incredibile numero di ibridi che sono stati prodotti nel tempo, riuscire a dimostrare la vera origine e ed una eventuale differenza è assai complesso.

La loro maturazione è assai precoce rispetto ai mandarini, e sono presenti per più tempo sul mercato. Questa caratteristica unita al fatto che sono particolarmente resistenti al freddo li ha resi maggiormente fruibili e più in generale preferibili al mandarino stesso. Inoltre si presentano con una buccia più sottile e un colore preponderante verso l’arancio, con un tono di verde alle estremità (garanzia di maturazione naturale del frutto). Si sbucciano facilmente e non hanno semi, benché il profumo sia meno intenso, il gusto meno dolce rende sia il mandarancio che la clementina preferibili rispetto al loro antenato. Le preferenze dei consumatori vanno così di pari passo con quelle dei coltivatori (o viceversa) garantendo un prodotto presente per un arco di tempo più lungo sul mercato, da ottobre ad aprile.

Sia il mandarino che i suoi “figli” hanno notevoli proprietà, un forte apporto di potassio, fibre e soprattutto vitamina C: due clementine al giorno soddisfano il fabbisogno giornaliero di un adulto.

 

Testo. Ilaria Talimani

Foto: Ilaria Talimani; Taccuini Storici, Bressanini

 

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