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Foto del Caseificio Castellan

Lo stracchino è un formaggio da tavola a pasta molle, grasso e di breve stagionatura. Si distingue per la crosta sottile, rigata, umida e morbida, di colore paglierino, con presenza di muffe grigie. La pasta è morbida, a volte cremosa nel sottocrosta e gessata al centro, di colore avorio o paglierino chiaro.

Con il suo sapore dolce, burroso con una punta leggermente acidula o piccante (nelle forme più mature) è un ingrediente assai versatile in cucina, ma è davvero gustoso assaporato in purezza spalmato su una fetta di pane.

Prodotto con latte vaccino crudo intero appena munto (per questo motivo rientra tra i formaggi definiti “a munta calda” perché fatto quando il latte ha ancora la temperatura della mungitura: 37° C.), che si lascia coagulare con caglio di vitello per circa mezz’ora. Dopo la rottura della cagliata in due fasi successive si versa la pasta nelle fascere e inizia la stufatura per circa 1 giorno. Quando lo stracchino si ricopre di muffa bianca, che segnala che ha raggiunto la giusta consistenza, inizia la fase di salatura e successivamente quella di stagionatura. Dopo circa due settimane viene messo in commercio.

Questo formaggio vanta origini davvero antiche, con una storia lunga almeno nove secoli, la sua origine risale infatti al ‘200 nei pascoli bergamaschi e nasce dalla necessità di produrre formaggio durante le brevi pause di riposo delle mucche durante la lunga transumanza dagli altopiani (gli alpeggi) alla pianura e viceversa. Le mucche erano stanche (“stracche” in dialetto bergamasco da cui il nome del formaggio) e la produzione di latte ridotta al minimo. Considerando il poco tempo a disposizione e il poco latte raccolto a causa dell’affaticamento del bestiame, il formaggio doveva nascere da un processo di produzione rapido, senza far scaldare il latte, senza fasi di spurgo o lunga coagulazione.

È nominato come “strachì da viaz” dall’abate Giova Battista Angelini nel suo Vocabolario scritto a metà del Settecento. Della famiglia dello stracchino fanno parte varie tipologie di formaggi, tutti derivati dalla stessa “base casearia”: stracchinelli teneri, taleggio, quartirolo, salva, strachitunt e gorgonzola. Per secoli lo stracchino prodotto in Val Taleggio era considerato il migliore, come sottolinea la prima Guida gastronomica del Touring Club del 1931, e così si cominciò a chiamare con il nome Taleggio tutti i formaggi di quella tipologia, anche se non prodotti in loco e con tecniche leggermente diverse. Tuttavia col passare degli anni, diventato un formaggio industriale, si optò inizialmente per il ritorno al vecchio nome “stracchino” e successivamente alla creazione Il Presidio slow food dello stracchino all’antica delle Valli Orobiche che si propone di valorizzare questo formaggio in via d’estinzione prodotto nelle aree d’origine: la Valle Brembana e quelle confluenti di Serina, Taleggio e Imagna. Una zona in cui le bovine possono nutrirsi di eccezionali essenze foraggere che conferiscono ai formaggi che si producono straordinarie qualità in termini di sapore, profumo e delicatezza.

Molto conosciuto è anche lo stracchino di Nesso, in provincia di Como e quello della valle dei Campelli, in provincia di Bergamo.

Ma al di fuori della zona di origine, lo stracchino viene largamente prodotto dalle industrie casearie con latte pastorizzato e presentato nelle classiche confezioni a panetto di forma rettangolare da consumarsi entro pochi giorni dall’acquisto.

Una menzione speciale va allo stracchino che è stato incoronato come “migliore di Italia” nel 2015 e 2016, ovvero quello prodotto dal caseificio Castellan, un’azienda agricola famigliare a conduzione tutta al femminile.

Il loro prodotto ha dapprima conquistato la Medaglia d’Oro come miglior stracchino del Veneto a Caseus Veneti 2014 (riconoscimento riconfermato a settembre 2016 nella stessa rassegna) e poi si è aggiudicato il primo premio nazionale celebrato con la statuetta dell’Oscar, vinto per due anni consecutivi all’Italian Cheese Awards edizioni 2015 e 2016.

credits: http://www.sensidelviaggio.it

 

Vi lasciamo con una ricetta curiosa e molto antica che abbiamo trovato su questo sito, ricco di notizie e approfondimenti

CHISSÖL

Ingredienti per 4 persone:

  • polenta preparata con 300 g farina di mais spinato di Gandino e 1,200 l. acqua, 10 g sale grosso
  • 100 g stracchino all’antica delle Valli Orobiche
  • 30 g burro (facoltativo)
  • 30 g Grana Padano D.O.P. (facoltativo)
  • timo o salvia (facoltativo)

Tempo di preparazione e cottura
15 minuti, oltre il tempo di preparazione della polenta

Procedimento
Preparare una polenta piuttosto dura. Bagnare un mestolino in acqua fredda, riempirlo di polenta, fare un buco al centro della stessa e porvi una pallina di stracchino ammorbidito precedentemente con una forchetta. Ricoprire con dell’altra polenta. Porre i chissöi su una piastra ricoperta con carta forno e infornare a 200° per 10-15 minuti. Servirli spennellati con un poco di burro fuso con timo o salvia e volendo una grattugiata di Grana Padano D.O.P.

Curiosità
È una ricetta molto antica un tempo preparata dai pastori e dai mandriani in alpeggio “schiacciando” lo stracchino dentro la polenta fredda e poi ponendo i schissöi o chissöi sulla brace. Ora per questa cottura si preferisce rivestirli con la carta argentata.
Talvolta vengono confezionati come margottini. In tal caso si rivestono degli stampini monoporzione, leggermente imburrati con la polenta, addizionata con 50 g di burro. All’interno si pone il formaggio eventualmente addizionato con pasta di salame scottata e sgrassata, o con funghi trifolati con il loro sughetto. Poi si cuociono per 15 minuti in forno e si servono sfornandoli sul piatto.

 

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