Preparazione tipica da friggitoria, le pittule o pittole (pettole, zippule, pastacrisciuta; perfino Wikipedia riporta almeno dieci nomi diversi) rientrano nella categorie del cibo da strada all’italiana, e sono tipiche del Meridione d’Italia.
Il nome deriva da “pita”, ovvero “pane, focaccia”, quindi “piccoli panini“.
Sono frittelle di pasta lievitata morbida, simile a quella della pizza, spesso farcite in maniera gustosa.
La realizzazione richiede una tecnica particolare: l’impasto viene “spremuto” nel pugno chiuso; la parte che fuoriesce in alto si stacca con l’altra mano e si getta nell’olio bollente, dove gonfia, diventando croccante all’esterno.
Tradizionalmente le pittule o pittole si preparano tra novembre e dicembre. Si inizia nel leccese per la festività di San Martino, dove vengono preparate in accompagnamento al vino novello; si prosegue in Calabria dove è tradizione gustarle nel giorno dell’Immacolata Concezione, mentre si preparano i dolci natalizi.
Molto diffuse anche in Basilicata e Campania, in molte zone viene aggiunto all’impasto la patata lessa, che lo rende più morbido: è il caso delle crispelle, o dei noti cullurielli calabresi, a forma di ciambella.
Da non perdere la variante farcita di ‘nduja, o di alici salate. Chi predilige il dolce, trova anche la versione cosparsa di zucchero, o irrorata di sciroppo di fichi e vincotto.
La ricetta è davvero molto semplice, soprattutto nella versione base.
Pittule o pittole
Si prepara un impasto morbido con farina 0, acqua tiepida (indicativamente 600/700 ml per ogni kg di farina) nella quale si scioglie un cubetto di lievito di birra, due cucchiaini di sale.
Si lascia lievitare fino al raddoppio, poi si staccano gli gnocchetti di impasto che si friggono per un paio di minuti.
Si scolano su carta assorbente e si servono ancora caldi.
Se si vogliono farcire, occorre farli levitare nuovamente prima di friggerli.
Volendo aggiungere le patate lesse, si passano al setaccio e si aggiungono all’impasto ancora tiepide, in misura di 500 g circa per ogni kg di farina, ma dipende ovviamente dall’assorbimento della stessa e da quanto sono asciutte le patate.
Come per tante altre preparazioni tradizionali e casarecce, più che la ricetta conta l’esperienza.
Articolo e foto di Anna Laura Mattesini