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Il cinghiale: brutto, sporco e cattivo.

Almeno, così è inteso nell’immaginario. Certo, proprio bello non è: corpo robusto, zampe corte, setole ispide e quelle temibili zanne sporgenti, ha un aspetto piuttosto inquietante.

Sporco? Ma no, anzi. Si rotola nel fango per proteggere la pelle dalle scottature solari e per curare le ferite che rimedia nei combattimenti, ai quali non si sottrae.

Non è nemmeno cattivo; diciamo che è un tantino permalosetto. Se infastidito, non esita ad attaccare.

Simbolo celtico della ferocia in battaglia, per gli antichi greci rappresentava la morte e l’oscurità e perfino Eracle fa un gran fatica (una delle tante) a liberarsi del cinghiale di Erimanto.

Spesso rappresentato sugli scudi delle legioni romane, compare anche al fianco di San Nicodemo, emulo di San Francesco, a indicare la sua capacità di addomesticare gli animali selvatici.

Ed è proprio la domesticazione del cinghiale a dar vita al suo discendente a noi più familiare: il maiale.

Onnivoro, ghiotto di ghiande e di tartufi, non disdegna piccole prede occasionali.

Aggressivo, non smette di lottare nemmeno se ferito, al contrario, la sua rabbia lo rende ancora più pericoloso.

Molto diffuso in varie zone d’Italia, il cinghiale non è a rischio di estinzione, nonostante sia una preda molto ambita dai cacciatori nel corso delle “cacciarelle” che mobilitano cani e battitori in quantità.

Le femmine, che vivono in branco con i piccoli, partoriscono fino a 12 cuccioli, anche se in pochi sopravvivono. I maschi adulti, invece, sono solitari e prediligono la vita notturna (come molti umani, d’altronde).

Nonostante l’aspetto tozzo e sgraziato, il cinghiale è un animale molto veloce; questo e i canini inferiori molto sviluppati, adatti a scavare, ma anche a difendersi,  lo rendono un avversario difficile per qualunque predatore.

In periodi di carestia non disdegna nemmeno le risorse dei centri abitati: capita che si inoltri tra le strade in cerca di residui organici, con grave rischio per la popolazione inconsapevole.

Le setole della parte terminale della coda sono molto pregiate e un tempo venivano usate anche per pennelli da barba e spazzolini da denti. Oggi sono molto richieste dai pittori per la loro caratteristica di aprirsi e dividersi in più parti, trattenendo e rilasciando meglio il colore.

La sua carne è prelibata per l’unione tra le qualità della carne di maiale e il gusto selvatico.

Non è consigliata la lunga frollatura, in quanto si tratta di una carne facilmente deperibile, mentre è molto adatta per la conservazione sotto forma di salsicce e prosciutti.

E’ opportuna la marinatura per eliminarne il sapore troppo forte, soprattutto se si tratta di un maschio adulto. Nel caso di esemplari giovani, questo non è strettamente necessario.

La carne del cinghiale è meno grassa di quella del maiale e più fibrosa. Adatta a lunghe cotture e preparazioni che ne esaltino il sapore: dal classico ragù,  allo spezzatino, al dolceforte o al Chianti, che è la ricetta che vi presentiamo.

Cinghiale

Cinghiale al Chianti da “Carne – Le scuole del Gambero Rosso”

 Ingredienti:

  • 1 kg di polpa di cinghiale a pezzi, con la sua cotenna
  • 1 lt di Chianti
  • 2 cipolle
  • 1 carota
  • 1 foglia di alloro
  • ½ costa di sedano
  • ½ rametto di rosmarino
  • Olio extra vergine di oliva
  • Sale
  • Pepe nero in grani

Versare il vino in un recipiente di terracotta, o di acciaio, aggiungere una cipolla sbucciata e tagliatas grossolanamente, la carota raschiata, il sedano lavato, l’alloro, il rosmarino, qualche grano di pepe; mescolare, aggiungere la carne e lasciarla marinare per 3 ore.

Sbucciare e affettare la cipolla rimasta e farla appassire a fiamma dolce in una casseruola con 4 cucchiai di olio.

Aggiungere il cinghiale ben sgocciolato dalla marinatura e lasciarlo insaporire per qualche minuto.

Salare, alzare la fiamma, bagnare con ½ bicchiere di vino della marinatura e far sfumare.

Abbassare la fiamma al minimo, coprire e lasciar cuocere per 3 ore fino a quando la carne del cinghiale sarà tenerissima.

Se necessario, bagnarla con poco brodo di carne durante la cottura.

Elena Broglia – Gnocchi di patate e chiodini con polpette di cinghiale

Bianca Berti – Cinghiale al latte

Manuela Valentini – Cinghiale alle mele

Giuliana Fabris – Cinghiale alla Sassetana

 

Testo e foto di Anna Laura Mattesini

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