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In origine era un’insalata di magro, con una base di ingredienti poverissimi, fra cui la ormai introvabile galletta del marinaio, intrisa di acqua e di aceto, e quel pesce Cappone ne ispira il nome. Ma quando, dalle cambuse delle navi, passo alle cucine dei Palazzi dei nobili, il Cappon Magro si trasformò nella più sontuosa delle preparazioni, un monumento alla cucina dello stupore e, perchè no?, anche del kitsch,  e che appare tanto più trionfale quanto più è unica nell’altrimenti sobrio panorama della frugale tradizione gastronomica genovese e ligure

 

Curiosità.

Le origini di questo piatto sono incerte: c’è chi lo fa risalire alla cucina marinara, quella delle truppe delle galere, per la presenza di alcuni ingredienti tipici di questa tradizione (la galletta su tutti, ma anche le acciughe sotto sale e pesci di facile reperibilità nel pescato del giorno); e chi invece lo trasferisca sulla terra ferma, come piatto di recupero di avanzi, dal pane secco al pesce del giorno prima, arricchito di verdure fresche.  Il padre del Cappon magro, nel primo caso, sarebbe il Capon de Galera (nome ironico, ad indicare la galletta) , nel secondo caso la più comune Capponadda, insalata di pesce in conserva e di  verdure tuttora presente nelle case genovesi ed in alcune trattorie. Non sarebbe un’ipotesi tanto peregrina quella di un “matrimonio” fra le due ricette, celebratosi magari in qualche location costiera, da Camogli a Imperia.  Quello che è certo è che il contesto di elaborazione del piatto fu quello della cucina povera, ispirata alla necessità e al riciclo.

I Francesi non c’entrano. E’ vero che Chapon è il grande crostino di pane strofinato di aglio che costituisce la base dei grandi potage di pesce e non è affatto escluso che nel costante dialogo fra le cucine di tutto il mondo, intenso e proficuo anche prima di internet, qualche ispirazione sia passata, specialmente fra vicini di casa. Ma il pater è certus, ed è al di qua del confine, terrestre e marittimo.

Fra le tante peculiarità del Cappon Magro, troviamo anche questo passaggio all’inverso, dalle tavole dei poveri a quelle dei ricchi. Non si sa di preciso quando questo avvenne: le prime ricette scritte risalgono alle due Cuciniere genovesi (dopo l’Unità d’Italia), ma la sontuosità della presentazione suggerisce una datazione ancora più antica, forse anche al periodo barocco che tanto amava queste monumentali ed artificiose costruzioni.

Un altro passaggio peculiare è quello che sposta il Cappon Magro dalle parche tavole della Quaresima a quelle opulente del Natale. A conferma di questa origine, oltre all’aggettivo “magro”, c’è anche la menzione del piatto, con tanto di ricetta, in uno dei ricettari più suggestivi della tradizione ligure, quella “Cucina di strettissimo magro” compilata dal priore dei Padri Minimi del Convento di San Francesco da Paola che vanta l’elaborazione in chiave penintenziale del piatto. Non che ci volesse molto, considerata la pressochè totale assenza di carne e di uova, ma tant’è 🙂

Anche la ricetta originale non esiste, con buona pace di chi vanta la propria come la unica e la sola. Addirittura le due Cuciniere presentano due versioni diverse, con la salsa verde al pistacchio del Ratto che rivaleggia con quella al prezzemolo del Raggi, riportata più o meno integralmente anche dall’Artusi (ricetta n. 133- salsa genovese per il pesce lesso). D’altro canto, la nuova collocazione del Cappon Magro in un contesto in cui la parola d’ordine era stupire, lasciava più libertà nella scelta degli ingredienti, cosi come, per il verso opposto, accadeva quando questo piatto si preparava “con quello che c’era”.

Il “Cappone” del nome è naturalmente un pesce, ma non necessariamente “quel pesce”. Le versioni più comuni parlano di luasi, cioè di ombrine e di naselli, ma anche gli scorfani e tutti i pesci poveri adatti alla zuppa. Non fatevi ingannare dalla menzione delle aragoste, ipotizzando magari qualche inserimento da parvenu: fino alla metà del XIX secolo, esse erano considerate “pesce povero” e quindi poco costoso. A Genova arrivavano da Carloforte, dove si pescavano in abbondanza.

La Galletta del marinaio non va confusa con il Biscotto. Ricetta, tecniche e cottura sono differenti e anche il gusto, naturalmente, lo è. Introvabili entrambi, fino a pochi anni fa, oggi sono stati recuperati in alcuni forni e vengono venduti, di solito già confezionati. L’alternativa fra l’uno e l’altro è ammessa, anche se  la tradizione vorrebbe la galletta.

In origine, il mosciamme (carne essiccata) era quello di delfino. Oggi lo si sostiuisce con quello di tonno, anche se ovviamente, il sapore è diverso. In alcune versioni esiste anche la bottarga fresca, affettata sottile. Personalmente non la trovo così necessaria, anche perchè la sapidità è data dalla salsa.

 

Testo di Alessandra Genaro

Banner di Mai Esteve

1 Comments

  • Redazione

    5 Dicembre 2017 at 10:44

    Il disegno del cappon magro è stupendo, grande Mai!! L’articolo è esemplare ed impeccabile, come tutto ciò che porta la firma di Alessandra. Grazie per queste preziose informazioni e cappon magro per tutti!!

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