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Chi meglio del “prof” Leonardo Romanelli poteva essere il protagonista della nostra intervista a completamento della giornata nazionale della trippa del Calendario del Cibo Italiano?

Il noto ed eclettico giornalista e critico enogastronomo fiorentino, sommelier, insegnante, autore e coordinatore di guide vini e ristoranti, scrittore di fantasiosi racconti e di pièce teatrali, di cui è anche interprete, direttore artistico di molti eventi di successo nonché personaggio televisivo nazionale è da sempre un grande estimatore, promotore e sostenitore della new age del quinto quarto a cui ha dedicato una sua famosa pubblicazione:  Il Libro delle Frattaglie – Romano Editore, Firenze.  Ma forse non tutti sanno che, Leonardo è prima di tutto, un cuoco!

“Per mangiare lo stomaco degli animali, bisogna avere testa….” è una frase del suo Libro delle frattaglie, cosa intende?

Credo che sia un atto di grande rispetto, nel momento in cui si uccide un animale, consumarlo in ogni sua parte. Avere testa significa anche saper utilizzare in maniera sapiente tutte le frattaglie, non escludendo nessuna possibilità. A volte, grazie  alla mente si riescono a trovare soluzioni per far mangiare prodotti che magari non hanno riscosso successo per motivi legati a sbagli di cottura perpetrati per anni.

Da dove scaturisce questa grande passione per il quinto quarto? E’ solo il suo dna fiorentino o c’è di più?  Vuol vedere da dentro? per usare un’altra sua espressione felice che diede il titolo ad una bella manifestazione fiorentina di alcuni anni fa

Ci sta un po’ di tutto, essere nato a Firenze, con il panino con il lampredotto quale elemento di crescita, ovvero l’essere abituato a mangiare frattaglie fin da piccolo. Poi, essere figlio di “pollivendoli”,  genitori che mi hanno insegnato a mangiare tutto del pollame, come lo stomaco, i “fagioli” ovvero i testicoli del pollo, le creste, addirittura le zampe. E poi la convinzione che ci debba essere sempre una grande curiosità da parte di chi fa il mio mestiere e quindi, la sperimentazione deve essere l’elemento portante

Il revival di trippa e soprattutto lampredotto, lo street-food fiorentino ante-litteram, che si è scatenato da dieci-quindici anni a questa parte, gode ancora del favore del pubblico o ha lasciato posto ad altre mode, sempre nell’ambito del quinto quarto? Firenze è la capitale di questi prodotti ma nel resto d’Italia?

Parlare di prodotto modaiolo nelle frattaglie non sarà mai possibile in tempi lunghi.  E’ difficile davvero che tante persone arrivino ad appassionarsi di piatti particolari se non per brevi periodi. Il lampredotto ha oltrepassato Firenze, d’accordo, il fegato nelle sue varie forme rimane sempre un grande classico, la mammella di vitello ha avuto in Oldani un promotore ma poi non ha avuto grande successo. Non è frattaglia, ma è prodotto una volta ritenuto di scarto la guancia, che oggi la si vede proposta in ogni dove, diventerà di successo la trippa fritta, nella cosiddetta alta ristorazione è diventata oramai un’istituzione l’animella di vitello

Nel suo continuo girare per ristoranti, quale piatto creativo a base di trippa l’ha colpita particolarmente? E qual è invece il piatto tradizionale di trippa che predilige? 

Partiamo dal tradizionale: a me piace da morire l’insalata di trippa, condita  con battuto fine di carote sedano prezzemolo e basilico, senza però dimenticare la classica trippa in umido, nelle varie sfumature di sapore. Per il creativo:  ravioli ripieni di lampredotto serviti su salsa “verde” rivista tiepida.  Le “polpette” di trippa,  ma anche il sushi di lampredotto ha buone chances di riuscita

E cosa ci consiglia di bere con la trippa? Facciamo degli esempi: la sua amata insalata di trippa, in bianco, la trippa fritta, la trippa classica in umido, quella con lo zafferano e infine quelle di stoccafisso o baccalà? 

Partiamo da miseria e nobiltà, ovvero trippa in insalata  e champagne! Bollicine anche per il fritto perché c’è la necessità di ripulire il palato; in alternativa vini sapidi come Soave o  Etna bianco . Con l’umido un rosso giovane e vivace come una Barbera o un Chianti. Per la trippa allo zafferano ci vogliono vini profumati e aromatici come un Gewurtztraminer, Riesling ma anche un Moscato secco. Infine vini avvolgenti e profondi per le trippe di baccalà o stoccafisso come Verdicchio di Jesi o Trebbiano d’Abruzzo. 

Un’ultima domanda:  come ama cucinare la trippa Leonardo Romanelli? Ci regala anche la ricetta? 

Una creativa che mi piace molto, tratta dal mio Libro delle Frattaglie, è la Zuppa di trippa e passatelli. (ricetta qui sotto)

Ma non è finita, per ringraziarla della sua disponibilità, abbiamo una sorpresa per lei! Un gruppetto di amiche food blogger del nostro Calendario ha cucinato alcune ricette a base di trippa tratte dal suo libro, inclusa proprio la sua favorita!

Zuppa di trippa e passatelli realizzata da Marina Bogdanovic

 

Francesca Geloso interpreta la Trippa fritta con zabaione al Chianti 

 

Mariella di Meglio con La mousse di trippa all’erba cipollina

L’insalata di trippa di Giuliana Fabris

Cristina Galliti  e la Crema di cozze e patate al limone con trippe di baccalà

Manuela Valentini ha preparato  la Zuppa di trippa, patate e pancetta

Katia Zanghi propone i Ravioli di pesce con ragù di trippette di stoccafisso

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