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In Italia il medaglione di carne tritata si è sempre chiamato “svizzera”, fino a quando la moda ha preferito attribuirgli il nome americano di “hamburger”. Ma una bistecca fatta di carne sminuzzata non era tradizione nostrana: noi con il trito dei tagli meno teneri di carne ci facevamo il ragù o le polpette! Questa l’abbiamo imparata pure noi, magari solo qualche anno prima, dai mitteleuropei esattamente come è capitato agli Americani, che hanno ricevuto in dono la “Hamburger steak” dagli emigranti tedeschi che partivano dal porto di Amburgo.

Ce ne racconta la definizione esatta lo chef statunitense Marcel Desaulniers, citando il Dictionary of Food and Drink di John Mariani (autori americani dai nomi francesi ed italiani… ma quanto internazionale è questo cibo?!):

Hamburger – anche “burger” – E’ una polpetta di manzo tritato alla piastra, saltata in padella o cotta alla brace, normalmente servita su un “hamburger bun” (panino da hamburger…) e completata con ketchup, cipolle o altri condimenti. Gli hamburger, come gli hot dog, sono identificati come i più americani tra i cibi. (*)

Mentre l’idea che abbiamo qui degli hamburger americani è la versione seriale da fast-food, negli Stati Uniti esistono veri cultori del genere sia tra i grigliatori casalinghi sia nei ristoranti specializzati e molti grandi chef ne danno spesso colte interpretazioni personali nei menù dei locali più rinomati, esattamente come a casa nostra molti appassionati e professionisti si cimentano nel cercare la perfezione, la tradizione o l’innovazione assolute con la pasta al pomodoro (!)

Negli Stati Uniti l’hamburger preparato come si deve ha la dignità di un vero e proprio piatto che poco ha a che fare con il takeaway: nei locali viene quasi sempre servito sul piatto con tanto di posate, appoggiato sopra il panino aperto ed affiancato da contorni e salse che l’avventore consuma nell’ordine che preferisce (non per forza impilando tutto e chiudendo il panino). E proprio perché si tratta di un main course, un piatto da gustare con calma e dedizione in tutti i suoi dettagli, esistono diatribe accesissime su ogni particolare.

Importanti sono il taglio di carne di manzo da utilizzare, le modalità e la dimensione della sua macinatura, quanti e quali ingredienti si possono miscelare o meno alla carne trita perché si possa continuare a definire hamburger e non degeneri in meatball (polpetta). e poi contano il peso e le dimensioni di ogni hamburger, quale tipo di pane gli si abbina, e così via all’infinito anche per il sistema di cottura, le salse, la temperatura di servizio, le verdure di accompagnamento…

Per concentrarci su uno solo dei temi, quello della carne, c’è da capire a che tagli corrispondono quelli americani: in America i puristi usano spesso tagli “nobili” come scamone (rumpsteak) o controfiletto (sirloin), oppure dei tagli di pancia come la bavetta (flanksteak) o quello che noi utilizziamo per il roastbeef. Il trucco però, dicono altri, sta nel mescolare tagli diversi, qualcuno più succoso e magro e qualche altro un pochino più venato di grasso, tritandoli al coltello per poterne regolare la grana alla prefezione e miscelare al meglio le caratteristiche.

La passione americana per gli hamburger ha influenzato il palato del mondo intero, responsabili principalmente le grandi catene storiche di fast food: con il loro prodotto dalla ricetta standardizzata per essere replicabile ovunque nello stesso modo, sono dilagate nel secondo dopoguerra trasmettendo ovunque l’idea che l’hamburger sia un cibo “facile” ed economico.

Ma, appunto, anche all’estero l’hamburger non è solo quello da fast food, come in America e molti Paesi ne hanno sviluppato interessantissime versioni locali, integrando all’idea americana le proprie tradizioni in fatto di consumo di carne. L’Italia fa eccezione e nelle cucine casalinghe si è semplicemente continuata la tradizione nazionale della “svizzera” ed utilizzando i tagli di carne a loro più familiari, raramente i più pregiati.

Nei fast food impostati all’americana, invece, che siano di gestione straniera o iniziative locali, si è mantenuto il modello statunitense per il panino con la carne ma agli hamburger vengono affiancate anche proposte alternative, come insalate di pasta, verdure o pizze, più vicine ai gusti ed alle abitudini alimentari degli Italiani… che in fatto di “fast food” si erano già inventati una marea di cose senza bisogno di attendere i medaglioni di carne tedesco-americani!

(* Marcel Desaulniers, Burger Meisters. America’s best chefs Give Therir Recipes for America’s Best Burgers, Plus the Fixin’s, New York, Simon & Schuster, 1993, ISBN 0-671-86538-2)

Testi a cura di Annalena de Bortoli 

Credits per le fotografie per ordine di apparizione nel testo
foto 1: http://www.aroundtheworldburgers.com/
foto 2: http://www.foodrepublic.com/2012/03/26/all-american-cheeseburger-recipe
foto 3: https://onemessykitchen.wordpress.com/2012/09/25/homemade-hamburgers-buns/
foto 4: http://www.northbournefoods.com/beef-products/
foto 5: http://www.foodnetwork.ca/recipe/the-best-beef-burger/552/
Immagine di copertina a cura di Valentina de Felice – DiVerdeDiViola

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