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Siamo abituati a pensare all’insalata come un banale contorno, forse anche un po’ scontato, veloce e “da dieta”.  Leghiamo la sua immagine all’estate, a quando per il caldo non riusciamo a mangiar nulla che non sia fresco e naturale… Ma può l’insalata diventare un grande piatto, degno di un ristorante stellato? L’Insalata piemontese di Matteo Baronetto, chef del ristorante Del Cambio di Torino, è l’esempio di come l’insalata non solo possa trasformarsi in un piatto bellissimo e complesso, ma anche di come possa raccontare  un territorio ed i suoi ingredienti. Matteo Baronetto ha raccolto il nostro invito e ci racconta in questa intervista  nascita, composizione ed essenza della sua Insalata piemontese.

Come è nata l’idea dell’Insalata piemontese?

La prima bozza di questo piatto nasce con tre elementi: un po’ di foglie di insalata, le amarene e dei peperoni sott’aceto fatti da noi. Quando ho iniziato a proporlo era collocato all’inizio del menù come un qualcosa che  ricordasse un accompagnamento di antipasto alla piemontese. Ho capito, poi,  che c’era una strada per crearne un piatto più complesso e variegato con tonalità sia di colore che di sapore differenti che potessero, però, abbracciarsi l’una con l’altra; da lì si sono aggiunte tutte le altre note. Queste note  cambiano sensibilmente con le stagioni: questo lo abbiamo capito con il passare dei mesi, col continuare a proporlo e col chiederci se era il caso di inserirlo nel menù sempre. Ora l’insalata piemontese viene servita in una piccola porzione nel menù degustazione ma è stata inserita anche nel menù alla carta per chi desidera un’insalata condita ma diversa dal solito.

Cosa racconta questo piatto del Piemonte?

Racconta i prodotti del territorio, il loro un utilizzo con il ricordo di come venivano e vengono mangiati: sono presenti i peperoni all’aceto, l’uovo, le nocciole tostate, la cipolla cotta all’olio con l’amaretto ed il parmigiano. Le amarene forse sono più una reminiscenza mia di quando, da bambino, mangiavo l’affogato con l’amarena o addirittura le amarene da sole: nell’insalata dà una  nota dolce e sciroppata, ma anche agrodolce perché viene condita con della colatura di alici e quindi c’è questo gusto umami che si mescola al candito dell’amarena. E’ tutta una storia anche di gusto, di separazione di sensi; sensi che non sono solo quelli visivi o olfattivi o del gusto stesso, ma anche i sensi che appartengono al cuoco che sono il salato , il dolce, l’agrodolce, il piccante, l’umami. Il cliente li può riconoscere anche senza troppo ingegnarsi.

Cosa racconta invece di lei, del suo modo di fare cucina?

Il contrario di quello che sono io: è la prima volta, in ventisei anni di lavoro,  che faccio un piatto dove vi sono tantissimi ingredienti. Spesso io apprezzo di più fare tre passaggi molto ben distinti e basta, come dei tocchi e poi scappare via; in questo caso invece ci sono tanti piccoli passaggi che srotolano come un gomitolo in cui, però, dal primo centimetro di filo fino, all’ultimo c’è un senso da ripercorrere, un percorso, un filo logico. Racconta questa differenza:  vuol dire che sto cambiando …

Come ha scelto gli ingredienti e come cambiano durante l’anno?

Gli ingredienti intorno a cui è nata sono quelli che ho nominato anche prima: la foglia di lattuga condita con la maionese e le alghe piccanti, l’amarena con la colatura di alici e i peperoni sott’aceto. Gli altri ingredienti li scelgo in funzione della stagione e anche di cosa racconto del territorio: nel periodo dei funghi vengono inseriti questi, in quello degli asparagi, gli asparagi, così come le fave in primavera, alcune radici e i ravanelli nel periodo estivo, altre radici e le castagne nel periodo invernale… Solo pochi ingredienti sono cotti: la cipollina è appena cotta all’olio e ricorda un po’ la cipolla al forno, il peperone è messo sott’aceto e quindi cuoce per conservazione, la rapa è fatta marinare in una riduzione di vino e ricorda un po’ la brovada che si usa in Friuli. Tutto il resto invece è crudo.

Quanto è difficile rendere l’insalata un piatto da grande ristorante?

Ogni piatto che ha un carattere, prende la sua strada, ha un timbro, un’identità: questa insalata ha un carattere diverso dalle altre e chi la mangia riconosce questa sua particolarità, comprende il lavoro di ideazione e preparazione.  Sono i clienti che fanno sì che diventi un piatto must che non si può più togliere dal menù.

Ci saranno evoluzioni dell’Insalata piemontese?

E’ difficile che ci sia un evoluzione di questa insalata: la perfezione è difficilmente raggiungibile ma quella piccola percentuale di imperfezioni è forse la cosa bella da custodire non penso che ci si debba lavorare ancora sopra. Altre tipi di insalate, invece, sì ne faccio e ne farò.

Testi a cura di Laura Bertolini – Eventi e Contatti con gli Chef per il Calendario del Cibo Italiano
Fotografie del grandissimo, indimenticato ed indimenticabile Bob Noto e gentilmente fornite dal Ristorante Del Cambio

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