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Protagonista assoluto tra i contorni di sempre, adorato da grandi e bambini, il purè di patate è un classico senza tempo del quale una cucina autentica non può fare a meno.

Ciò nonostante se fino ad oggi abbiamo creduto che l’unica versione possibile di purè fosse questa classica, ahimè, ci siamo sbagliati.

Lo conosciamo tutti, nella sua versione classica.

Ha il sapore delicato ed inconfondibile che caratterizza quei tuberi figli della terra chiamati patate ed arrivati fino a noi solo grazie agli errori di valutazione di un famoso navigatore ormai 525 anni fa.

Il purè di patate, se fatto bene, è una nuvola, soffice e calda che si scioglie in bocca liberando un retrogusto piacevole di burro e noce moscata.

Contorno tra i prediletti per accompagnare secondi piatti a base di carne, scatena nell’essere umano che lo mangia un’immediata sensazione di appagamento, una sorta di ritrovata serenità a livello delle papille gustative che rende quasi del tutto impossibile l’atto di resistergli. Pochi ingredienti ma uniti armoniosamente e trattati con le giuste accortezze danno vita ad un piccolo capolavoro che si ripete quasi quotidianamente tra le mura delle nostre case, oltre che in molti tra i ristoranti migliori che ci sono sulla piazza, da sempre.

Si racconta che fu lo chef Joél Rebouchon a dare vita a questo piatto, alla fine del xx secolo dandoli nome purée de pomme de terre e che subito ebbe un gran successo; furono molti altri gli chef a cimentarsi con il puré e ne nacque una sorta di sfida al miglior purè. Jaques Barbery, cuoco del Cafè Marly di Parigi, ad esempio, sostenne la superiorità del suo purè in quanto la percentuale maggiore di grassi all’interno della sua ricetta lo rendevano, secondo lui, più ricco. Bernard Loiseau dal suo ristorante, Le Cote d’Or in Borgogna, ci tenne a puntualizzare che ben prima di Rebouchon lui aveva realizzato interi menù a base di patate.

Aldilà delle diatribe storico-gastronomiche una cosa è certa: il segreto per ottenere un buon piatto è sempre e in ogni caso la qualità delle materie prime con le quali viene realizzato, e siccome il purè di patate non fa eccezione va detto che le patate dovrebbero essere patate ratte, una varietà nata in Borgogna e ormai presente in tutto il mondo.

La nostra tradizione culinaria, veicolata nelle cucine dei ristoranti come nelle cucine di famiglia, ci regala poche ma fondamentali regole per la riuscita di un purè del quale non ci sia nulla da criticare: le patate, a pasta bianca e dalla polpa asciutta e farinosa vanno scelte tutte più o meno delle medesime dimensioni, e dovono essere messe a con la buccia in abbondante acqua fredda per poi cuocere a partire dal momento del bollore fino a diventare tenere sotto la lama di un coltello. Una volta cotte e tolte dall’acqua vanno sbucciate ancora calde e schiacciate con l’aiuto di uno schiacciapatate una o due volte, poi vanno lavorate energicamente con un mestolo di legno man mano che si inserisce dell’ottimo burro a pezzetti; infine l’aggiunta di latte bollente a filo, per evitare la formazione di grumi, permette di ottenere una consistenza liscia e morbida che rende il composto perfetto. Le varianti più comuni di questa versione classica sono quella in cui le patate anziché fatte bollire vengono cotte in forno sotto uno strato di sale grosso, cosa che ne permette una cottura perfettamente asciutta, e quella che prevede l’aggiunta di formaggio, preferibilmente parmigiano.

Nonostante la versione classica del purè ricopra un posto d’eccezione nei cuori di tutti gli amanti della cucina va detto che questo non è l’unico purè possibile e gustoso; ne esistono versioni che, e partendo dal concetto di base del purè stesso,e aprendosi ad ingredienti e sapori diversi danno vita a contorni veramente interessanti e nobili.

E’ il caso del purè di zucca, spesso aromatizzato con rosmarino, salvia e timo, che tanto sta bene con i secondi piatti a base di maiale. Il sapore del purè di finocchi, invece, si sposa perfettamente con il pesce così come tutti i purè a base di cavoli e broccoli.

Il purè di piselli, più famoso nel mondo anglosassone che da noi, per il quale personalmente confesso un certo debole, è ottimo accostato al gusto deciso e intenso della pancetta, o bacon, croccante ma sa anche diventare fresco e primaverile se realizzato con pisellini, aglietto e menta freschi.

Intraprendendo poi un viaggio nelle tradizioni culinarie americane non posiamo sottrarci all’assaggio, per altro gustoso, del purè di mais speziato e della sua nota leggermente piccante.

Sono solo pochi esempi, questi, della immensa varietà di possibili e ottime combinazioni per la realizzazione di purè inconsueti e accattivanti, capaci di arricchire le nostre tavole, senza dover rinunciare da un lato all’amore per “un re” dei contorni classici, quale è il purè di patate, e dall’altro alla voglia di sperimentare e conoscere odori e sapori nuovi.

 

Purè di pisellini e menta

500 g di pisellini freschi

1 aglietto fresco (in alternativa 1 spicchio d’aglio tritato e privato dell’anima)

brodo vegetale qb

2 cucchiai di panna fresca liquida

1 cucchiaio d’olio evo

sale e pepe qb.

Utilizzando pisellini freschi metterli in pentola assieme all’glietto ridotto a listarelle sottili.e ricoprirli con del brodo caldo, coprire con un coperchio e lasciar cuocere lentamente. I piselli saranno cotti quando avranno assorbito i liquidi e risulteranno teneri. Passare i piselli cotti al passaverdure e successivamente montare il purè mescolando vigorosamente con un mestolo di legno la purea ancora calda di piselli aggiungendo a filo la panna.

Aggiungere tutta la menta fresca spezzettandola con le mani per evitarne l’ossidazione ed aggiustare di sale e pepe. Terminare con un filo d’olio a crudo.

 

Testo e ricetta di Francesca Geloso

Foto di Silvia Coletto 

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