Blog post

Sebbene in epoca romana i suini avessero un ruolo importante nell’alimentazione, è solo nel IV secolo d.c,.epoca delle grandi invasioni barbariche, che venne incrementato il consumo di carne di maiale.  Fu proprio grazie alle popolazioni Longobarde, che occuparono i territori dell’attuale Lombarda, che i suini cominciarono ad essere maggiormente considerati, ponendo le basi di quel forte legame tra storia, territorio e suini che ancora oggi continua ad essere ben saldo.

All’inizio del primo millennio una grave crisi economica e demografica che si abbatte sulle popolazioni delle campagne causando un aumento delle aree incolte: l’aspetto rurale del territorio italiano cambiò a vedendo un incremento delle aree boschive. L’Italia settentrionale diventò lo scenario ideale per l’allevamento allo stato brado dei suini: i boschi fornivano l’alimentazione base per i maiali al pascolo.
Con il passare del tempo all’allevamento nei boschi subentrò quello nelle cascine. L’animale si rilevò preziosissimo: solo una piccola parte delle carni era consumata fresca, buona parte veniva salata, affumicata ed insaccata. I derivati del maiale venivano sempre riutilizzati: il grasso usato come medicinale o lubrificante, le setole per spazzole o pennelli e alcune ossa divenivano utensili di lavoro.
Come ben si può capire il maiale divenne un fondamento della cultura contadina anche nella valle del Ticino.
Se nelle cascine l’allevamento e la macellazione del maiale erano momenti di grande festa, è dentro le mura dei monasteri che si perfezionava la produzione dei salumi che, affinati con la stagionatura, conservavano i principi nutritivi della carne di maiale ed acquistavano gusto.
L’attuale provincia di Pavia ha rappresentato un riferimento speciale nello sviluppo dell’arte della salumeria in Italia. Sorta sulle sponde del Ticino, Pavia riuscì ad imporsi nei secoli quale capolinea delle rotte veneziane che trasportavano sale e spezie: la via del sale si addentrava nella Val di Staffora e raggiungeva agevolmente l’abitato di Varzi. Fu proprio il trasporto e il commercio del sale a fare di Varzi una cittadina fiorente che si impose anche nella produzione dei propri salumi.


Oltre alle classiche produzioni del maiale quali fra gli altri il salame, i ciccioli, la coppa, il cotechino, le salamelle, in Lomellina si produce Il salam ‘d la duj, usato nella “panissa”; si tratta di un salamino di piccolo formato conservato sotto grasso in un caratteristico recipiente di terracotta detto ola o duja. Il salame di Varzi DOP ha, invece, la sua peculiarità nel fatto che per la sua produzione si usano parti del maiale che altrove vengono usate per prosciutti e coppe. Fra i salumi della zona del Ticino merita menzione il salame Nero di Garlasco, prodotto dal suino nero autoctono, razza purtroppo attualmente a rischio di estinzione.

Accanto agli insaccati di suino, la zona del Ticino è conosciuta per la trasformazione dell’oca. E’ soprattutto in Lomellina che il suo allevamento trova maggior diffusione grazie al clima particolarmente adatto alla sua crescita: la presenza dell’acqua in quantità, la rigogliosa vegetazione, la disponibilità di erba in quasi tutte le stagioni, hanno portato l’oca al ruolo di protagonista degli allevamenti familiari. Nei contratti di lavoro agricolo era comune la proposta di una forma mista di retribuzione: al denaro si affiancavano l’uso dell’abitazione, quantitativi giornalieri di latte, granaglie, riso, farina e di frequente l’uso di un pollaio da cui ricavare uova e carne. L’oca era l’animale ideale da allevare nei pollai: può essere alimentata a costo zero con il foraggio stagionale dei terreni incolti ed offe una fonte preziosa di carne e di grassi utile alla sussistenza familiare.

Dall’epoca dei romani ad oggi il salame d’oca è il vero carattere distintivo della cultura gastronomica di questo territorio. La sua produzione nacque all’interno della comunità ebraica locale che, molto legata alla prescrizione della religione che vietava il consumo di carne di maiale, commissionava ai salumieri della zona ciccioli ed insaccati esclusivamente di carne d’oca. Tale usanza si diffuse anche fra la popolazione non di origine ebrea che iniziò a produrre un insaccato che univa la carne d’oca a quella di maiale: si cominciò così ad insaccare nella pelle di collo e ventre del palmipede un misto di carne d’oca e di suino. La tradizione è proseguita e si è intensificata nel tempo tanto da arrivare fino ai tempi nostri in cui la produzione del salame d’oca di lomellina continua fiorente tanto da dar vita anche alla famosa Sagra del salame d’oca che si svolge nell’ultima settimana di settembre. Quello che vi abbiamo dato è solo un piccolo è solo un piccolissimo assaggio di tutte le produzioni di salume delle aziende che gravitano intorno al Parco del Ticino, uno spunto ed un incentivo ad andare a scoprire prodotti gustosi, preparati da mani esperte e rispettose dell’ambiente in cui vivono e lavorano: proseguendo il nostro viaggio ed il nostro Appuntamento al Parco incontreremo sicuramente tante realtà che vi racconteremo e faremo “ assaggiare”.

 

Testo Antonella Eberlin

Foto tagliere: per gentile concessione Associazione Maestro Martino

 

Previous Post Next Post