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E’ fin dai primi giorni dell’inverno che si comincia a pensare al Natale.

Si pensa alla famiglia, ai rituali religiosi, all’albero illuminato da mille lucine, al presepe e ai doni, alla tavola apparecchiata con cura, a quello che sarà il momento più bello. E sulla tavola di Natale non potrà mancare il Cappone Ripieno, bollito o cotto al forno, nel solco di una tradizione che continua e si perpetua, fra le mani sapienti di mamme e nonne.

Questo animale di nobili origini, vanta una storia che comincia molto lontano nel tempo.  Fin dal VII secolo a.C. gli abitanti dell’Isola di Delo praticavano la trasformazione del gallo in cappone. Il suo nome invece arriva a noi attraverso il latino (capo-onis) proprio dal verbo greco “kopto” che significa tagliare, e spiega la castrazione ai danni dell’animale. Gli antichi erano attenti alla qualità del buon cibo e non trascuravano questo aspetto, tanto che  “capponavano” il gallo in modo che invecchiando la sua carne rimanesse tenera a buona.

Ma è nel Rinascimento che il cappone raggiunge l’apice della fama. Preparato spesso nei grandi banchetti, a volte veniva persino presentato ricoperto di lamine d’oro. Considerato un alimento raro, da offrire nelle grandi ricorrenze, è spesso in bella mostra sulle tavole delle grandi corti rinascimentali, apprezzato anche per il suo decorativo piumaggio.

Per secoli sia nelle famiglie dell’alta borghesia che nelle case più umili, dove veniva cucinato a Natale, il Cappone difficilmente mancava, spesso acquistato a fronte di notevoli sacrifici. In altri casi era un regalo prestigioso che, data la sua prelibatezza, veniva offerto dalle persone umili a quelle di rango per ingraziarsi favori e protezione. Un’usanza che anche il Manzoni richiama nei Promessi Sposi, quando racconta di Renzo Tramaglino e i quattro capponi vivi portati in dono all’avvocato Azzeccagarbugli.

Fu nel 1856, per merito di una donna, che si definì il procedimento della castrazione. M.me Millet-Robinet indicò nei 4 o 5 mesi l’età giusta per l’operazione che veniva svolta in modo primitivo sull’animale tenuto a digiuno. Solo le mani di una donna (praticona o massaia) potevano essere adatte in quanto si operava un taglio di circa 5 cm nell’addome da dove poi venivano asportati i testicoli. Ricucito dopo una sommaria disinfezione il povero cappone, nella migliore delle ipotesi, restava stordito per giorni. Venivano asportati anche cresta e speroni, per poterli distinguere facilmente in mezzo ai  galli. Oggi la castrazione è una pratica perfezionata, l’importante è che avvenga quando l’animale è ancora giovane.  Si fa ad agosto, e questo permette  ai capponi di crescere per altri quattro, cinque mesi per essere pronti a Natale; non si macellano mai prima di 220 giorni, regole europee. Questi animali  poi vivono molto di più rispetto ai polli da carne: 200 giorni in media i primi contro i 50  dei secondi. Per questo motivo le qualità organolettiche delle carni di cappone sono migliori: la carne è tenera e bianca e tiene molto bene la cottura.

Inizialmente allevato soprattutto nelle campagne del Piemonte,  messo all’ingrasso, il Cappone veniva nutrito con quanto di meglio era disponibile, proprio per fargli prendere più peso possibile. In Lombardia, invece, ogni famiglia ne allevava almeno quattro, perché dovevano essere mangiati rigorosamente a Sant’Ambrogio, Natale, Capodanno e all’Epifania. Nella maggior parte dei casi veniva consumato arrostito e ripieno di salsiccia o altri insaccati di maiale, mele o prugne, ma anche noci e castagne. Sono queste ultime, però, che rappresentano da secoli uno degli ingredienti che caratterizzano il ripieno,  poi le tradizioni regionali e familiari hanno modificato nel tempo le ricette, aggiungendo aromi e bagnando il cappone con il vino o con il brandy,  ma il segreto per un ottimo risultato del piatto, in qualsiasi modo lo si prepari, è la  cottura lenta.

Possiamo dire che il  Cappone è una delle tradizioni  natalizie più radicate e diffuse con le  innumerevoli ricette di famiglia. Un piatto che unisce tradizioni  e usanze

Cappone Ripieno

  • 1 cappone già eviscerato, lavato e asciugato
  • 400 g carne tritata di manzo
  • 300 g salsiccia, spellata
  • 1 ciuffo di prezzemolo
  • la mollica di due panini raffermi
  • 1 bicchiere di latte
  • 50 g pane grattugiato
  • poca scorza di un limone non trattato
  • un pizzico abbondante di noce moscata
  • una manciata di castagne lessate e pulite dalla pellicina
  • 1 bicchiere di vino bianco
  • 2 uova
  • 100 g parmigiano grattugiato
  • 100 g burro fuso
  • rosmarino
  • sale, pepe q.b

Mettete a bagno la mollica di  pane raffermo nel latte. Lavate, asciugate e tritate il prezzemolo.

In una terrina mescolate  la carne tritata, la salsiccia sbriciolata, la scorza di limone e  aggiungete  il prezzemolo tritato, la noce moscata, il Parmigiano, il pane grattugiato, le uova, il pane bagnato nel latte ben strizzato, sale e pepe   e impastate a lungo in modo che gli ingredienti alla fine siano tutti ben amalgamati, aggiungete le castagne e impastate ancora per incorporarle perfettamente. Farcite il cappone inserendo il composto premendo bene per riempire ogni spazio. Cucite con ago e filo bianco.

Le cotture:

Doppia cottura:

Cuocete il cappone ripieno in acqua già calda per circa un’ora insieme ai classici odori (sedano, carota, cipolla, un paio di  foglie di salvia e uno spicchio d’aglio, qualche gambo di prezzemolo, qualche grano di pepe). Trascorso il tempo, toglietelo dal brodo e spennellatelo con il burro fuso, salate e pepate e mettetelo in forno già caldo a 180°, a metà cottura sfumatelo col vino bianco e lasciatelo in forno bagnandolo ogni tanto col suo fondo finchè sarà perfettamente cotto e ben dorato. In questo modo otterrete sia il brodo per i ravioli o i tortellini, che il cappone ripieno arrosto.

Cottura classica al forno:

dopo averlo ben rosolato a fuoco vivo e sfumato con il vino mettetelo in forno già caldo a 180° con salvia, rosmarino, qualche scorzetta di limone, bagnandolo spesso col suo fondo di cottura fino a quando è cotto e dorato.

Bollito:

cuocetelo  partendo da acqua fredda se volete un buon brodo,  in acqua già bollente se preferite che la carne sia più saporita, insieme a sedano, carota, cipolla, salvia, uno spicchio d’aglio, qualche gambo di prezzemolo, qualche grano di pepe nero e un chiodo di garofano.

A seconda della scelta di cottura, si può servire accompagnato dalle classiche patate al forno  o da altra verdura a piacere.

 

Testo, foto e ricetta di Giuliana Fabris

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