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Tutta colpa dell’amore …

Celebriamo un matrimonio, la carnale, complessa, prorompente corposità della cucina napoletana va a nozze con il gusto, l’equilibrio e l’estro ricercato della cucina francese  e la torta non può essere che un gateau, un gateau, si, ma alla napoletana.

E matrimonio ci fu realmente, per fortunose coincidenze della vita e della storia il rozzo, corpulento e grossolano Ferdinando IV di Borbone, re delle Due Sicilie,   popolano e popolare, sposa l’algida ed aristocratica Maria Carolina d’Asburgo Lorena, principessa d’Austria, arrivata recalcitrante all’altare. No, non poteva essere quello sgraziato ragazzotto dai lineamenti marcati, con quel nasone sporgente, il suo principe,  così  rozzo e cafone e  per di più portava sfortuna …

Non si capivano  lei parlava un elegante italiano, l’aveva imparato in Austria dai suoi precettori, lui solo napoletano.

Poi si compresero … Fu amore, la passione avvolse i due ragazzi così diversi l’uno dall’altro, Ferdinando stravedeva per Carolina, lei, nobile e distaccata, stava sulle sue ma apprezzava il marito è un pazzo davvero buono, confidava al fratello. A Carolina non piaceva la cucina napoletana troppo grossolana, dai sapori, forti, decisi, lontani da quelli che era abituata casa sua in Austria, dove solo cucina francese …

Cosi Ferdinando chiamò cuochi dalla Francia per allietare i pasti della regina. Arrivarono i Monsù, prima nelle cucine di palazzo poi, di conseguenza e per imitazione, nelle cucine di tutta l’aristocrazia napoletana, cuochi francesi, monsieur, napoletanizzato in un familiare monsù.

Come in altre corti europee anche nella Napoli di Ferdinando IV si parlava francese, per come si poteva,  era un vezzo che aveva portato Carolina dall’Austria .. la parlata napoletana era così plebea … il francese così musicale.

A tavola si continuò a parlare sempre napoletano

I monsù dovettero faticare non poco per portare la cucina francese sulle tavole partenopee adattando le ricette ai gusti dei commensali napoletani e ai prodotti del territorio, e, più spesso, si trovarono a cucinare ricette napoletane, arricchendole a gusto francese. Ne scaturì una cucina nuova, francese solo nelle espressioni ma nella sostanza napoletanissima.

Rappresentazione di questo connubio proprio il gattò. Una robusta e succulenta focaccia di patate, probabilmente già radicata nella tradizione culinaria del Regno, e pare, soprattutto nelle cucine dei monasteri, è innalzata a  gateau, una torta trionfale ed imponente, soffice ed aerea ancorché corposa e sapida, in un’inspiegabile alchimia che solo l’estro culinario dei monsù seppe tradurre in realtà.

Un perfetto equilibrio tra carattere ed eleganza che rappresenta del resto la vivace e complessa unione di Ferdinando e Carolina.

Ora non resta che gustare  i nostri gattò.

Gattò di patate

Gattò sta per gateau. A Napoli per tradizione si osserva la vecchia grafia

Ingredienti per 6 persone

  • 1,500 Kg di patate (gialle e vecchie)
  • 100 g di burro o strutto
  • 100 g di parmigiano
  • 50 g di formaggio romano
  • ½ bicchiere di latte (se occorre)
  • 2 albumi montati a neve
  • 4 tuorli d’uovo
  • 100 g di prosciutto o salame
  • 150 g di fiordilatte
  • 100 g di provola affumicata
  • sale, pepe
  • prezzemolo, basilico
  • burro per ungere
  • pangrattato (meglio da taralli agerolesi al finocchietto)

Lessate le patate, sbucciatele immediatamente, tirandone  una sola alla volta fuori dall’acqua bollente, e passatele, a mano a mano che le avrete sbucciate due volte in un passalegumi dai fittissimi buchi. Lavoratele poi pigiandole con una bottiglia finché il purè diventerà filante.

Incorporatevi quindi il burro, il parmigiano, il romano, le uova, il prosciutto o il salame a pezzettini, il prezzemolo, sale e pepe, un pochino di latte se il purè sarà troppo sodo, e impastate e lavorate bene.

È fondamentale, olio di gomito!

Ungete un ruoto di 25 cm di diametro, spolverizzatelo si pangrattato e mettetevi, tra due strati di purè, uno strato di fettine di mozzarella e di provola. Lisciate la superficie, spolverizzatela di pangrattato, aggiungete qualche fiocchetto di burro, infornate a forno caldo (180° ventilato) e fate imbiondire la superficie. Occorreranno dai 30 ai 45 minuti.

Prima di servirlo lasciate riposare il gattò fuori dal forno per una mezz’ora.

 

Fabiola Palazzolo – ……. di patate con ragù di prosciutto e provola

Calogero Rifici – …… una millefoglie di patate e mozzarella di bufala

Leila Capuzzo – ….. di patate e baccalà

Katia Zanghì – …… con i carciofi

Vittoria Traversa – …… con il polpo

 

Articolo e foto di Anna Calabrese

Ricetta da “La cucina napoletana”, Jeanne Caròla Francesconi, Newton, 2003

 

Fonti:

Gattò di patate

Maria Carolina regina di Napoli

Maria Carolina e il cafone re nasone

Gattò o gateau di patate

Origini gateau di patate

 

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