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Oggi è la giornata dedicata all’abbacchio e se ci trovassimo in compagnia di un romano e gli chiedessimo cosa sia l’abbacchio, questo sicuramente ci risponderebbe che si tratta dell’agnello giovane, ancora lattante, una volta macellato che diventa l’amatissimo re incontrastato nella tradizione gastronomica romana grazie alla qualità e la bontà delle sue carni.

Possiamo trovarne testimonianza nel vocabolario romanesco di Chiappini, dove si specifica che l’agnello, a differenza dell’abbacchio figlio lattante della pecora, ha quasi un anno di vita ed è stato tosato due volte. Lo stesso Chiappini, sottolinea che questa differenza è solo laziale perché “a Firenze non si fa distinzione, l’uno e l’altro si chiamano agnello”

L’abbacchio ha una storia antica che si collega a quella della pastorizia

La pastorizia e la presenza di ovini sul nostro territorio è molto radicata  e nel Lazio, in modo particolare, ha da sempre rivestito un ruolo cruciale poiché rappresentava la miglior fonte di approvvigionamento di carne. Una carne che però nell’antichità non era considerata di pregio e per questo veniva consumata dai meno abbienti che, per altro, preferivano macellare pecore e montoni per ottenere più carne, tanto che la macellazione degli agnelli era lasciata solo al periodo pasquale, quando la carne veniva consumata durante il pranzo di Pasqua.

Nel tempo la carne ovina è stata sempre più apprezzata fino ad essere oggi di gran pregio e consumata durante tutto l’arco dell’anno.

Catone nel “De re Rustica” e anche Varone e Columella raccontano della grande tradizione degli allevamenti di pecore e della grande cura verso gli agnellini appena nati; tanto che, per evitare che saltellando si facessero male e si allontanassero dalla madre che non avrebbe potuto allattarli, i pastori fino al quarto mese li legavano ad un palo e proprio da “ad baculum”, più  propriamente “legato al bastone”, possiamo far derivare la parola “abbacchio”.

Con il passare degli anni il termine abbacchio venne usato, più generalmente, per intendere “battuto con il bastone” da qui il termine del vocabolario italiano “abbacchiato” per persona dispiaciuta, affranta.

Fino al 300 d.C. nell’area del Foro Romano, o Campo Vaccino come veniva chiamato allora, si teneva il mercato degli abbacchi, degli agnelli e delle pecore. Dopo la caduta dell’impero romano i Papi proibirono il pascolo delle greggi nella campagna romana fra la festa degli Arcangeli del 3 maggio e del 29 settembre per questo le greggi per allontanarsi dalla calura si spostavano verso i pascoli sugli Appennini.

E’ giusto ricordare che il mercato dell’agnello era regolamentato da norme severe, come testimonia l’editto del 1768 firmato dal Cardinale C.Rezzonico in cui si stabiliva che i pecorai dovevano vendere gli abbacchi interi solo nelle piazze e nei luoghi pubblici di Roma alla luce del sole e chi avesse voluto fare incetta di abbacchi sarebbe stato punito, si offriva una ricompensa a chi avrebbe aiutato a scovarli.

La denominazione “Abbacchio Romano” è riservata solo ad agnelli da latte nati, allevati e macellati in Lazio.

Il consorzio per la tutela dell’abbacchio romano è stato ufficialmente riconosciuto il 6 luglio 2010, ha lo scopo di promuovere il prodotto IGP.

L’a bbacchio Romano è un IGP, marchio che ne determina l’indicazione geografica protetta , e per questo, il suo allevamento è soggetto ad un vero protocollo con annesso disciplinare di produzione.

Gli agnelli devono essere allevati allo stato brado o semibrado e nutriti con latte materno, sono ammessi foraggi secchi ma assolutamente vietate sostanze di sintesi o organismi geneticamente modificati. In estate le greggi per evitare la calura vengono trasferite in alpeggio dove possono nutrirsi con foraggi freschi che mantengono inalterate le qualità del latte e di conseguenza le caratteristiche dell’Abbacchio Romano IGP.

La carne dell’Abbacchio Romano IGP  ha contenuto proteico inferiore rispetto all’altra carne ovina, inoltre è facilmente digeribile e ha un basso contenuto calorico.

La commercializzazione è ammessa da settembre a giugno, ma una carne che va consumata fresca ed è possibile conservarlo in frigo solo pochi giorni.

L’abbacchio, nella cucina laziale, è protagonista assoluto; non si può dire di conoscere il patrimonio autentico della cucina laziale se non si è avuto la possibilità di apprezzare piatti quali le animelle alla romana, a base di animelle marinate per 165 minuti in una ciotola con del vino e un pizzico d’aceto, poi fritte nel burro oppure la coratella con carciofi: la coratella (fegato, cuore e polmoni) deve essere separata e tagliata a pezzetti poi cuocere in una padella con un po’ di burro e vino bianco separatamente, prima il polmone dopo 15 minuti aggiungere il cuore, poi dopo 12 minuti aggiungere il fegato e continuare a cuocere per 10 minuti. Aggiungere quindi i carciofi, che avremmo cotto a spicchi a parte, facendo amalgamare tutto ancora per 5 minuti.

Sono solo pochi esempi perchè la carne dell’abbacchio si presta a molte diverse interpretazioni, è particolarmente adatta alla cottura in forno e lo possiamo apprezzare in un piatto come l’ “abbacchio alla romana”, dove i cosciotti d’agnello vengono aromatizzati con rosmarino, aglio, salvia vino bianco ed aceto e “abbacchio allo scottadito” costolette aromatizzate e cotte alla griglia e mangiate immediatamente prendendole con le mani

Abbacchio al forno con salsa alle alici

  • 1,5 kg di Abbacchio Romano IGP
  • per marinatura:
  • 1 limone succo
  • 2 cucchiai olio extra vergine oliva
  • 1 rametto di rosmarino
  • 1 spicchio aglio
  • 3-4 foglie salvia

per cottura:

  • 2 bicchieri vino bianco
  • Sale e pepe q.b.

salsa accompagnamento

  • 6  alici
  • 1 rametto rosmarino
  • 1 spicchio aglio
  • scorza limone
  • 2 cucchiai fondo di cottura

Prendere un coscia e un pezzo di sella e disossarla o farsela disossare dal macellaio.

Preparare una marinatura con il succo di un limone, due cucchiai d’olio, rosmarino e salvia tritatati ed amalgamare tutto poi massaggiare la carne dell’abbacchio e mettere coperto in frigorifero per 5-6 ore o tutta la notte.

Al mattino togliere l’agnello dalla marinatura, legarlo arrotolando il pezzo della sella e la parte finale della coscia dove abbiamo tolto l’osso. In una larga padella far rosolare per alcuni minuti l’abbacchio.

Poi trasferirlo in una pirofila da forno unta con po’ d’olio, irrorarlo con il vino bianco e la marinatura rimasta. Infornare a 180° e farlo cuocere per circa 90 minuti, irrorandolo un paio di volte con il sugo di cottura. A cottura ultimata far riposare per qualche minuto prima di servire.

Preparare la salsa d’accompagnamento frullando le alici, con due cucchiai del fondo di cottura, l’aglio, il rosmarino e la scorza di limone.

Trasferire l’agnello su un vassoio affettarlo e servire con la salsa alle alici

Dosi per persona:

  • Polpa cruda 100-150 gr a persona
  • Abbacchio con osso  225-300 gr a persona

Articolo di Francesca Geloso e Manuela Valentini

Fonti:

  • Gambero Rosso  “Carne- Le scuole di cucina” Vallardi edizioni
  • F.Duscio “La romanesca: Cucina popolare e Tradizione Romana” Fuoco edizioni
  • www.romaincampagna.it – Abbacchio Romano IGP (pdf)

1 Comments

  • BeautyByBabs

    22 Marzo 2018 at 17:18

    La ringrazio signora D”Amico, mi ha ricordato di telefonare all”allevatore del paese di montagna ( adiacente ad Amatrice) dove vado normalmente a caccia così posso chiedere di prepararmi un abbacchio per la Pasqua. A casa ci piace molto sopratutto al forno con patate. Se poi qualcuno si scandalizza per quello che ho scritto, pazienza. custom writings

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