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I taralli sono preziosi perché storicamente sono stati un cibo povero di sopravvivenza per i più, come racconta nell’opera il “Il ventre di Napoli” la grande scrittrice Matilde Serao.
Nascono da un sapiente recupero dei piccoli ritagli di pasta risultanti dalla formatura dei pani che dovevano essere riutilizzati. Così l’abitudine di impastare gli sfriddi con grassi, la sugna a Napoli, l’olio in Puglia, formati a piccola ciambella, e infornati col pane a biscottarsi.
Moltissime le versioni dei taralli che si possono gustare, con lievito di birra o lievito madre o bicarbonato, dai tradizionali con sugna napoletani ai tarallini bolliti al finocchietto e la variante dolce glassata.

i taralli
TARALLINI ZENZERO E PEPERONCINO
di Michela Gomiero

50 g di pasta madre rinfrescata
200 g di farina 0
100 ml di acqua
100 ml di olio extravergine di oliva
1 cucchiaino di zenzero in polvere
1 cucchiaino di peperoncino in polvere
1 cucchiaino di sale

Iniziate ad impastare la farina con il lievito e l’acqua e poi aggiungete il sale, le spezie e l’olio.
Amalgamate con cura e lasciate lievitare in una terrina coperta per 4-5 ore in luogo tiepido.
Dopo la lievitazione rovesciate l’impasto su un tagliere infarinato e formate i taralli prelevando una noce di impasto,  rotolatolo e formate un filoncino di 3-4 cm, che poi dovete richiudere ad anello premendo le estremità con i polpastrelli. Quando sono tutti formati cuoceteli per un minuto in acqua bollente e scolateli.
Poi distribuiteli su una placca coperta di carta forno e cuoceteli in forno preriscaldato a 200 °C per 30-40 minuti per ottenerli ben croccanti, ma friabili.

 

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