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Nella giornata che il Calendario del cibo italiano dedica alle frattaglie non poteva mancare la voce di uno chef che per passione, formazione e collocazione geografica ne è interprete attento ed esemplare.

Quando ho abbiamo chiesto a Matteo Baronetto di quale fra gli argomenti del Calendario avesse il piacere di parlarci non ha avuto dubbi: le frattaglie.

“Le frattaglie sono una tradizione del luogo dove opero. Il ristorante Del Cambio è famoso per la selvaggina, per i piatti autunnali e invernali con il tartufo ma anche per le frattaglie: uno dei piatti più famosi Del Cambio, dovuti ad una affezione particolare del Conte Cavour, era proprio la finanziera e continua ad esserlo. Questo piatto, fatto con tutte le frattaglie di vitello, ossia le cervella, il rognone, le animelle, i filoni, le creste di gallo, fa parte della storia da prima che io arrivassi qui. Le frattaglie sono entrate nel mio percorso di cuoco fin dalla mia formazione con Marchesi: lì l’attenzione era soprattutto verso animelle e rognoni. Nel mio percorso successivo ho deciso di proseguire nell’utilizzo di questi prodotti. Le tecniche di cottura via via sono cambiate così come la concezione di come utilizzarle: ecco, ad esempio, che nel 2005 nacque un piatto che facevo da Cracco, rognone di vitello con i ricci di mare. Si ha qui un uso inusuale della frattaglia che nessuno prima aveva mai fatto: da un lato si riprende un metodo di cottura tradizionale del rognone trifolato, per presentarlo però con un abbinamento ardito che si scopre funzionare molto.”

Ci sono altri abbinamenti inusuali in cui ha proposto o propone le frattaglie?

“In estate facevamo un’insalata di lattuga condita con del moscato, dei rognoni di coniglio cotti al vapore e dei grani di senape al burro: qui si ha una ricerca per alleggerire la frattaglia e, conferendo la dolcezza e l’acidità del moscato, si cerca di dare un tocco rinfrescante. “

Vi è una difficoltà nel proporre un ingrediente non facilissimo come le frattaglie e, se sì, come riesce ad aggirarla?

“Non si riesce ad aggirare: chi sceglie le frattaglie, magari non ne conosce la lavorazione, ma sa benissimo le caratteristiche. È difficile proporre un’animella o un rognone: in carta ci sono perché si sa che ci sono clienti che le apprezzano. Quando mi chiedono come è fatta, ad esempio, la finanziera allora mi sento di consigliarla perché intuisco una predisposizione al provarla. Spesso quando mi ordinano il rognone con i ricci faccio presente che è un piatto forte, molto particolare che ha un suo equilibrio ma ha anche orizzonti e variabili poco riconducibili alle abitudini quotidiane.”

È cambiato il modo di cucinarle dall’inizio della sua carriera?

“Più che evoluto ho continuato a portare avanti il loro utilizzo, il che non è semplicissimo in un mondo in cui l’epoca vegetariana e vegana comincia a essere sempre più presente. Noi cuochi dobbiamo renderci conto di questa tendenza e lo dico anche con una certa piacevolezza perché concepire un piatto vegetariano è anche bello e stimolante. Siamo in un momento in cui vi è un minimo di allontanamento dalla carne e quindi anche dalle frattaglie. Pochi sanno, però che le frattaglie sono sintomo di salute dell’animale: un animale che viene alimentato ad ormoni non fa in tempo a sviluppare le frattaglie, la loro presenza è quasi sempre sintomo di un’alimentazione corretta.”

Fra le frattaglie a quali è più legato?

“Rognone ed animelle. Queste ultime mi ricordano l’infanzia: mia mamma mi dava da mangiare le animelle bollite perché si dice facciano molto bene. Me le ricordo e mi piacevano già da allora. Nell’animella come nella cervella è solo il fatto visivo che dà un po’ fastidio: una volta che la mangi sono dolcezza allo stato puro. Le propongo al vapore o anche arrosto. Tempo fa le facevamo al caffè: cotte con dei chicchi di caffè che le aromatizzano in cottura; i chicchi, poi, vengono tolti ma lasciano una tonalità tostata. Le animelle le propongo al vapore accompagnate da una salsa di latte e pepe o da una salsa olandese fatta, non con burro, ma con dell’olio nocciola che è molto più piemontese e conserva la grassezza sia della nocciola che della salsa olandese stessa accostandosi bene con la dolcezza dell’animella.

Il rognone mi piace ad esempio trifolato. Un tempo spesso lo si cuoceva troppo a lungo per cui rimaneva un po’ gommoso: mia mamma, ad esempio, lo stracuoceva ed era molto duro. Se lo si cuoce al punto giusto, ossia rosa, e poi lo si affetta finissimo magari usando- impropriamente-  un coltello da salmone già la consistenza fine fa la differenza. Per condirlo si può fare come si crede: del prezzemolo, un po’ di uovo, funghi. E’ la cottura che fa cambiare il modo di vivere l’esperienza frattaglia. Ad esempio il rognone alla coque è un rognone che viene fritto con il grasso senza pulirlo; in frittura il grasso preserva il rognone al suo interno e lasciando entrare delicatamente il calore lo fa quasi bollire ed il risultato é un misto fra fritto e lesso molto buono e particolare. Un altro esempio di cotture particolari si può avere con i rognoni di agnello che sono piccoli e, se vengono fritti con il grasso, possono essere mangiati nella loro interezza, ossia anche con il grasso, proprio perché essendo piccoli hanno dei profumi differenti, meno invadenti. Al rognone sono legato non tanto per ricordi familiari quanto perché l’ho sempre usato in cucina fin dai tempi di Marchesi nel cui menù vi era riso e rognone ed il rognone con lo zenzero”

Matteo Baronetto ci ha condotto magistralmente in un viaggio nel variegato e complesso mondo delle frattaglie, scoprendo accostamenti e cotture particolari ben ne fanno comprendere il valore e la versatilità di questo ingrediente della nostra tradizione che vale veramente la pena riscoprire anche e soprattutto grazie all’evolversi delle tecniche di cottura e agli accostamenti nuovi e, a volte anche, arditi a cui si prestano.

Chef Matteo Baronetto
Ristorante Del Cambio
Piazza Carignano, 2 – Torino

 

Testi a cura di Laura Bertolini – Eventi e Contatti con gli Chef per il Calendario del Cibo Italiano
Fotografie gentilmente fornite dal Ristorante Del Cambio

6 Comments

  • alessandra

    2 Aprile 2017 at 14:11

    ne parlavo proprio oggi, con un gruppo di turisti che storceva il naso di fronte all’abitudine di cucinare le zampe di gallina, in Cina e anche qui a Singapore. “E la Finanziera, allora?” ho detto.. e poi ho pensato che ci voleva un palato fine come quello di Cavour per poter apprezzare certe combinazioni di sapori. Complimenti per tutto il lavoro di ricerca che leggo in questa intervista, mirato ad educare palati troppo spesso fermi a preclusioni mentali e a soddisfare quelli che invece hanno superato certe barriere, per loro fortuna. Grazie!

  • Alice

    2 Aprile 2017 at 14:21

    Un’intervista preziosa, dettagliata, generosissima. Sarà che sono una fan della finanziera e delle frattaglie in genere ma mi ha entusiasmato.
    Complimenti davvero e grazie.

  • Elena

    2 Aprile 2017 at 19:55

    mi piace la frattaglia, in generale, sono cresciuta con cervella fritte e al ristorante se le trovo in menù sono felice di provarle. Certo che ricci di mare e rognone lo trovo un abbinamento ardito, andrei a questo ristorante solo per assaggiarlo! Grazie della bella intervista, un vero piacere leggerla!

  • Gabriella

    4 Aprile 2017 at 11:45

    interessante e dettagliata intervista, letto volentieri!!!
    grazie,buona giornata ^_^

    1. Redazione

      4 Aprile 2017 at 12:00

      Grazie a Te, Gabriella, per essere con noi 🙂

  • sabrina

    5 Aprile 2017 at 0:28

    non può che piacermi da morire questa intervista!
    la prossima volta che andrò a torino on mancherò di andare ad assaggiare il rognone, che adoro.

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