I sottaceti sono una delle testimonianze più antiche della storia della conservazione dei cibi.
” E adesso, che ci faccio?” dovette essere l’interrogativo che si affacciò alla mente dell’antenata di tutti i contadini della storia, di fronte al suo primo raccolto benedetto dalla fertilità del suolo e dalla clemenza del clima. Perché le urla di giubilo, i muscoli esibiti con orgoglio e, soprattutto, quella irrefrenabile tendenza a chiamare tutti gli amici del vicinato a far bisboccia, consumando in una sera il bottino di caccia di una lunga giornata, sono robe da maschio Alfa. La femmina Alfa, Beta, Gamma Delta e giù giù fino all’Omega, invece, che già agli albori dell’umanità presentava quel lungimirante senso pratico che tanto avrebbe influenzato gli sviluppi futuri della storia della cucina, aveva ben altri pensieri- primo fra tutti, come riuscire a conservare per un domani meno generoso quello che il prodigo oggi le offriva, con tanta abbondanza.
Le testimonianze, come sempre, scarseggiano. E’ probabile che le prime tecniche di conservazione fossero legate al fuoco (semplice cottura prima ed affumicamento poi), all’essiccamento e al sale. Ma già gli Egizi, i Babilonesi e i Persiani lo utilizzavano per consentire il trasporto sicuro di alimenti altrimenti deperibili, per i vari porti del Mediterraneo e pure per quelli dell’aldilà, visto che tracce di un antesignano dei sottaceti sono state scoperte in una tomba prefaraonica. Di sicuro, i Romani ne erano ghiotti, come dimostrano le due ricette contenute nel De Coquinaria di Apicio e in un testo del Palladio (IV sec. d.C.), in cui si parla rispettivamente di conservazione della carne e delle olive in una miscela fermentata, che contiene anche questo ingrediente.
Da qui in poi, per gli storici è tutta discesa, vista la quantità di ingormazioni disseminate in tutto il pianeta, tanto da far pensare che non sarebbe una cattiva idea tracciare una mappa dei cibi fermentati che unisse Oriente ed Occidente, Presente e Passato. Un lavoraccio di sicuro (tant’è che, mai come in questo caso, il condizionale è d’obbligo), ma se qualcuno volesse accingersi a tale impresa, possiamo fornire un golosissimo sostentamento: i sottaceti preparati dai membri della Community che hanno partecipato al Workshop presso La Giardiniera di Morgan e che oggi deliziano noi e voi con le loro preparazioni.
GIARDINIERA
Esempio felicissimo dell’incontro fra la necessità e l’ingegno, questa coonserva di verdure dell’orto che ha nel nome il suo DNA è uno dei sottaceti più tipici della nostra tradizione. Nelle versioni più ricche, diventa un contorno per i bolliti e i lessi, come in Veneto o in Piemonte, dove esiste anche la versione in agrodolce, con il pomodoro e il tonno, declinata anch’essa in mille altre ricette. Nella versione più semplice, invece, è un intermezzo goloso, capace di accendere l’apppetito, se servito con l’aperitivo, o di spegnerlo, come stuzzichino fra un pasto e l’altro, senza neppure mettere su peso visto che, a conti fatti, le verdure non fanno ingrassare….
Prima di accingervi a conservare il cibo in casa, consigliamo di leggere i nostri suggerimenti per una perfetta conservazione degli alimenti, qui. I barattoli si intendono perfettamente sanificati, i tappi sempre nuovi.
Per circa 6 baratoli da 250 ml ciascuno occorrono
2 kg di verdure miste, a piacere. Di solito, quelle immancabili sono il sedano, le carote, le cimette di cavolfiore, i peperoni (rossi e gialli). A piacere, si possono aggiungere cipolline borettane, fagiolini, cetrioli. L’importante è che tutte siano mature al punto giusto, cioè ancora piuttosto compatte e non presentino segni di ammaccature. Tutta la verdura va mondata e tagliata in pezzetti di circa 3 cm ciascuno. Se volete ottenere l’effetto ondulato tipico di alcune giardiniere (pensate per esempio alle carote), utilizzate l’apposito coltello. Lavatela poi molto bene e stendetela ad asciugare su uno o due canovacci perfettamente pulite. Suddividete le verdure in due terrine, mettendo in una quelle più coriacee, che necessitano di più cottura (le carote, il sedano, il gambo del cavolfiore, per esempio), nell’altra quelle più tenere (peperoni, cimette di cavolfiore, fagiolini, cipolline etc).
Lavate e asciugate anche una o due foglie di alloro.
In una casseruola molto capiente, mescolate 750 ml di vino bianco secco con 750 ml di aceto di vino bianco, al 6% di acidità e portate a bollore. Versate quindi prima le verdure più coriacee e, dopo circa 3 minuti, le altre. Fate cuocere per un totale di circa 8-10 minuti (verificate la consistenza delle verdure, che devono diventare appena tenere, senza perdere la loro croccantezza. Scolatele bene con una schiumarola, poi lasciatele completamente raffreddare, avvolte in un panno puòittissimo. Versatele nei barattoli sanificati, appiattendo ogni strato con una spatola o con il dorso di un cucchiaio, perchè non rimangano bolle d’aria.
Preparate poi una soluzione con 750 ml di aceto, 750 ml di acqua aggiungete 2 cucchiai di sale grosso e 3 di zucchero, 10 grani di pepe nero e l’alloro e fate spiccare il bollore. Versate la soluzione sopra le verdure, fino a due cm dal bordo, poi chiudete ermeticamente. Scuotete delicatamente ogni vasetto, in modo che la soluzione di aceto penetri bene in tutti gli spazi, poi fateli raffreddare a temperatura ambiente.
Potete anche preparare la giardiniera con le verdure a freddo, evitando la sbollentatura previa e procedendo come indicato. L’unico avvertimento è di affettare le verdure più sottilmente o di tagliarle in pezzi più piccoli.
La giardiniera puoà essere consumata già dopo 12 ore. Se prevedete di aprire i barattoli in tempi brevi (da 12 ore a 4 o 5 giorni) potete limitarvi a conservarli in frigo, sempre ben chiusi. Una volta aperti, consumatene tutto il contenuto nel giro di 1-2 giorni, sempre mantenendoli in frigorifero, con il loro tappo. Se invece avete intenzione di conservarli più a lungo, procedete alla pastorizzazione e alla creazione del sottovuoto. Conservate poi i barattoli in luogo fresco e asciutto.
Fonti
Leoni, C., La Conservazione degli Alimenti fra Storia e Cronaca, 2004
Testo di Alessandra Gennaro
Immagini di Paola Sartori
7 Comments
Daniela di Timo e lenticcchie
17 Agosto 2017 at 9:21
Contribuisco alla giornata dei sottoaceti con l’esperienza all’azienda di Morgan
http://blog.giallozafferano.it/timoelenticchie/come-si-prepara-la-giardiniera-una-giornata-da-morgan/
e con una ricetta dedicata
http://blog.giallozafferano.it/timoelenticchie/tutti-lo-chiamano-vitello-stonnato-con-giardiniera/
Cari saluti
rocco
17 Agosto 2017 at 9:53
scuotere un vasetto chiuso ermeticamente… c’è del genio. Prima si mettono le verdure, poi si versa la soluzione e si battono delicatamente i vasetti in modo da far uscire le bolle d’aria e permettere alla soluzione di occupare ogni interstizio. Se necessario si rabbocca e poi si chiude ermeticamente.
Alessandra
18 Agosto 2017 at 1:42
Ognuno ha i suoi metodi, per far fuoriuscire le bolle d’aria. Noi abbiamo preferito quello della pressatura del contenuto asciutto, a mano a mano che si invasano e di scuoterli delicatamente, da chiusi, e bla bla bla. Nulla vieta di applicarli entrambi, se si vuole. L’importante è che uno dei due venga fatto e, ripeto, sono entrambi efficaci. Quindi, grazie per la botta di genio, ma mi tocca rispedirla al mittente, ahimè.
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