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La pasta alla Trabaccolara è una vera pietra miliare della storia gastronomica di Viareggio, l’elegante  località balneare toscana, famosa per il suo lungomare fiancheggiato da grandi alberghi e  costruzioni liberty, dove  sfila uno dei più importanti  carnevali italiani.

Come tutte le grandi ricette della tradizione, la Trabaccolara è un piatto che nasce con gli avanzi. La “muccigna”, ovvero  il pesce che non poteva essere destinato al mercato, per taglia o semplicemente perché era rimasto un po’ rovinato durante la cattura nelle reti,  veniva suddiviso fra gli stessi pescatori  e veniva  usato per preparare un sugo veloce con il quale si condivano gli spaghetti.

Ma da dove trae origine il nome “trabaccolara”?  Ebbene, il piatto e il suo nome devono più all’Adriatico che al Tirreno! La ricetta è infatti figlia dei pescatori di San Benedetto del Tronto che all’inizio del Novecento, dopo la prima Guerra Mondiale,  lasciarono l’Adriatico, diventato un mare povero e pericoloso, per via delle mine e di mille altre insidie post conflitto,  per emigrare nel più pescoso Tirreno. La base prescelta fu Viareggio, dove questi pescatori vennero ribattezzati “trabaccolari” da “trabaccolo” che era un tipo di barca da trasporto in uso in Adriatico.

La pasta alla trabaccolara è detta anche “alla Viareggina” ulteriore testimonianza dello stretto legame che c’è tra un luogo e la sua tradizione gastronomica.  Ma l’aspetto più curioso è che se andate a San Benedetto del Tronto non troverete la Trabaccolara! Si chiama così solo a Viareggio.

Questo  piatto a base di “pesce dimenticato” è stato raccontato in un volume di recente pubblicazione  “Trabaccolara, una storia e una ricetta dal mare di Toscana” da un’idea di Vieri Bufalari e  Daniela Mugnai di Vetrina Toscana insieme al  giornalista Corrado Benzio.
Il gustoso libriccino, in cinquanta pagine,  narra un po’ di  storia della pesca a Viareggio e sulla costa toscana legata a questa ricetta con saggi di Corrado Benzio, Franco De Felice e Adolfo Lippi.

Gli autori ripercorrono  la storia dei pescatori di San Benedetto del Tronto, attraverso documentazioni e racconti, arricchiti da aneddoti e testimonianze di  esperienze vissute  in prima persona. Il volume narra anche, tramite flash e foto, la storia e l’evoluzione  della cucina versiliese in questo dopoguerra, con foto storiche inedite e  famosi aneddoti  come quello del pescatore Paolo Palestini che, avendo vissuto negli Stati Uniti, parlava inglese e si fece portavoce della comunità di pescatori per  chiedere al generale Clark di aiutarli a riprendere la loro attività di pesca liberando dalle mine il porto e la spiaggia. Non mancano infine  gustosi gossip riguardanti personaggi storici e vip dello spettacolo dal Generale Marshall,  sì quello passato alla storia per il piano che porta il suo nome,  a  Lucio Battisti ritratto rilassato e felice dopo una scorpacciata di Trabaccolara e ancora  Roberto Benigni e Giorgio Gaber in compagnia di noti ristoratori versiliesi, solo per citare alcuni nomi.

Andrea Palestini, discendente da una famiglia di trabaccolari e primo cittadino di Viareggio negli anni ’90,  racconta che da piccolo gli veniva vietato di frequentare il molo e i pescatori, perché non avrebbe dovuto diventare pescatore a sua volta bensì avrebbe dovuto studiare! Ma lui non si perdeva d’animo e ci andava di nascosto.  Ci racconta inoltre di come i trabaccolari si siano integrati perfettamente  nel contesto economico e sociale cittadino. Del resto, non portavano via lavoro a nessuno anzi incrementavano l’attività di pesca, essendo i viareggini più marinai e costruttori di barche che pescatori. Il Palestini ci offre anche  un aneddoto che coinvolge lo sport nazionale: il calcio. Negli anni ’70 si tenne un vero e proprio derby tra le squadre Viareggio e Sanbenedettese, entrambe in serie C e  per la città si vedevano striscioni inneggianti “Forza Sanbenedettese” ma tutto si svolse in un’atmosfera amichevole e serena.

La Trabaccolara è un piatto semplice, abbastanza misconosciuto fino a pochi anni fa. Dagli anni Sessanta fino alla grande crisi, in Versilia dominavano le catalane, i crostacei, i risotti di mare. Poi dalla seconda metà degli anni ’90, sulla scia dell’opera di sensibilizzazione verso la valorizzazione del patrimonio gastronomico italico, grazie soprattutto al Salone del Gusto di Slow Food,  si è tornati a presentare nei ristoranti questa gustosa ricetta, che si è talmente allargata da ritrovarla in tanti locali anche fuori dai confini della Versilia: da Lucca a Pistoia, da Prato a Firenze, da Livorno a Carrara, fino a Milano, almeno nei  ristoranti aperti da toscani.

ll ritorno della Trabaccolara ci racconta il riappropriarsi della semplicità, della tipicità territoriale sostenuta con fierezza, è un piatto  che  modernamente si definisce di recupero e sostenibile, fatto cioè con quello che il nostro mare ci offre.

LA RICETTA

La ricetta prevede  che si utilizzino pesci di vario tipo come gallinella, nasello, triglia, scorfano, pesce prete, tracina….devono essere tutti sfilettati, spinati e spellati e poi tagliati a tocchetti  come per un ragù, cotti velocemente in una base di aglio, olio e peperoncino, sfumati con un tocco di vino bianco e con l’aggiunta di poco pomodoro fresco o pelati, quando non è stagione. Un sughetto veloce che si cuoce nel tempo di cottura della pasta, ci vuole solo un po’ di pazienza a preparare i pesci ma ne vale la pena!! Il formato di pasta ideale sono gli spaghetti anche se c’è chi opta per i tagliolini o si piega alle mode come quella attuale in cui furoreggiano i paccheri. Qualcuno l’arricchisce con molluschi e crostacei.
Sul libro viene riportata la versione classica di Marzia Lombardi, cuoca dello storico ristorante Giorgio di Viareggio che non cita però il peperoncino, basta usare quello in polvere che si può aggiungere alla fine e dosare secondo il gusto di ciascuno.

Ingredienti per 4 persone

800 g di pesci misti (meglio se da zuppa, più saporiti come gallinella, scorfano, tracina, pesce prete, nasello, triglia…)
320 g di spaghetti medi
400 g di pomodori freschi ben maturi o pelati

1-2 spicchi d’aglio

Mezzo bicchiere di vino bianco secco
olio extravergine d’oliva qb
prezzemolo qb
peperoncino fresco o essiccato e macinato qb

Stufare dolcemente l’aglio schiacciato, sbucciato e privato dell’anima, in una larga padella con un po’ d’olio e un paio di cucchiai d’acqua. Aggiungere i pomodori, far insaporire, sfumare col vino bianco e infine aggiungere i pesci sfilettati, spellati e tagliati a pezzettini. Cuocere pochi minuti, lasciare il sugo piuttosto lento, condire con sale e pepe e un po’ di prezzemolo tritato.  Cuocere gli spaghetti, scolarli ben al dente e finire la cottura nel sugo, allungando man mano con un poco di acqua di cottura della pasta e finire con un filo d’olio. Servire con una spolverata di peperoncino macinato, se gradito.

 

Testo e foto Cristina Galliti

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