Ma cosa sarebbe la pasta senza il sugo?
Fusilli, paccheri, ziti, zitoni … sono fatti per tuffarsi in un sapido, robusto e consistente condimento.
Un connubio inscindibile.
Nacque prima la pasta, da pietanza aristocratica morbida e zuccherina, quasi un dolce al cucchiaio, il cibo da strada del popolo di Napoli, consumata così a vierd’ a vierd’, come un frutto ancora acerbo, senza condimento, o quasi, agli angoli delle strade, cibo economico e a buon mercato, un riempipanza di sostanza. Il sugo ancora non c’era, non tardò ad arrivare, era inevitabile, la corposità della pasta unita al suo gusto neutro ma deciso richiamava scioglievoli, vellutati condimenti in cui rotolare, avvolgersi, da raccogliere.
Da una spolverata di formaggio al primo semplice sugo di pomodoro e poi via via verso condimenti più elaborati fino ad arrivare a veri e propri monumenti della napoletanità, il ragù e la genovese. Non un semplice sughetto, condimenti decisi, struttalmente complessi, difficili da realizzare. Entrambi a base di carne, la genovese e il ragù, presuppongono cotture lunghe e lentissime che portano la componente proteica a sfaldarsi, cedendo la sua essenza al sugo, divenendo sugo essa stessa.
Mica una passeggiata.
Il ragù fu inventato dai monsù nelle splendide cucine della nobiltà napoletana. Uno stufato risveglia appetito, ragoût, realizzato però alla napoletana, con i tagli di carne che piacevano a Napoli e tuffato nella pummarola. Forse il povero monsù tentò pure di proporre il suo ragoût come una sorta di spezzatino stracotto, ma la napoletanità prevalse, all’assaggio fu chiaro, ci voleva il maccarone per raccogliere e contenere quella prelibata sostanza.
Il ragù avvertiva Eduardo non è carne c’ ‘a pummarola, presuppone la scelta di determinati tagli di carne, tra i più pregiati, la loro combinazione nelle giuste proporzioni di parte grassa e magra, la cottura lunghissima e lenta, deve pippiare sei ore almeno ed assumere una consistenza, cremosa e densa che non è né pomodoro né carne, essenza pura e scura, ‘o rraù.
La genovese, nasce dopo, è poverella, non ha niente della fastosità dei monzù, cucina da osteria popolare ed economica. Perché poi genovese un sugo che si fa solo a Napoli e che a Genova non si trova? Misteri delle contaminazioni culturali!
Genova in qualche modo deve entrarci, anche solo per il soprannome del cuoco che si dice abbia inventato questo sugo di cipolla insaporito alla carne, ‘o genoves’ , chissà poi se per la provenienza geografica o per la parsimonia. Nervi, tagli economici e duretti, poca carne e tanta cipolla, trasformati con maestria ed ostinazione, lunghissima cottura e tanta pazienza in un sugo ambrato ed etereo che rivela un carattere robusto e deciso, questa è la genovese.
Pura poesia, non si spiega, si assapora.
Maccheroni al ragù
Ingredienti per 6 persone
- 1.250 g di primo taglio di manzo
per la lardellatura:
- 30 g di prosciutto
- 30 g di pancetta
- prezzemolo
- pepe
per la salsa:
- 50 g di lardo tritato
- 100 g di strutto (o olio)
- 50 g di olio
- 600 g di ziti o mezzani
- 250 g di concentrato di pomodoro (o 2.500 g di passata di pomodoro meglio se fatta in casa)
- 200 g di cipolla
- sale (solo se occorre)
- pepe
Lardellate la carne con il prosciutto, la pancetta a listelli, un po’ di prezzemolo tritato e il pepe e poi legatela.
Passate cipolle, lardo e pancetta al tritacarne; poneteli in una casseruola ovale insieme allo strutto, l’olio, il sale, il pepe e la carne che rivolterete di tanto in tanto; coprite e lasciate cuocere a fuoco bassissimo. Quando le cipolle cominceranno a prendere colore, coprite e mescolate più spesso.
Quando le cipolle saranno ben rosolate aumentate il fuoco e versate un paio di cucchiai di concentrato, continuando a rimestare molto spesso e lasciando soffriggere il pomodoro finché sarà diventato scurissimo, quasi nero. Aggiungete un altro paio di cucchiai di pomodoro e lasciate di nuovo scurire e così via per tutto il pomodoro.
Terminata questa fase aggiungete un paio di mestoli d’acqua, abbassate il fuoco, ricoprite la casseruola e lasciate cuocere ancora per circa due ore badando che ci sia sempre acqua a sufficienza. Durante questo tempo la carne sarà probabilmente divenuta tenera. In questo caso, toglietela pure dal fuoco e continuate a lasciare cuocere la salsa ed aggiungete, se divenisse troppo densa, un pochino d’acqua per volta.
Perché il ragù sia pronto occorre che il pomodoro non sappia di crudo e che la salsa si presenti scurissima, untuosa, lucida e densa. A questo punto verificare il sale, rimettete la carne in casseruola e fatele dare ancora qualche bollo.
È preferibile, dato il tempo occorrente (6 o 7 ore) , fare il ragù il giorno precedente a quello del suo impiego. Sarà così anche più facile privare, usando un cucchiaio, la salsa dall’eccesso di grasso che la mattina dopo si troverà rappreso sulla superficie.
La lardellatura della carne è facoltativa e la carne rigorosamente di primo taglio può essere ridotta a grossi pezzi prima della cottura.
La ricetta, leggermente modificata, è tratta da Jeanne Caròla Francesconi, La cucina napoletana, Newton & Compton editori
Volendo poi un ragù particolarmente ricco e profumato, si possono aggiungere alle cipolle, dalla prima rosolatura, del muscolo di primo taglio a grossi pezzi, anziché in un solo pezzo lardellato o meno, e quindi delle braciole ricavate da fette di carne di primo taglio, ma anche di biancocostato, ripiene di prezzemolo tritato, aglio, pinoli, sale, pepe e pezzetti di pecorino ed infine dei pezzi di carne di maiale in particolar modo le gallinelle di maiale o le tracchiolelle.
Queste le proporzioni del ragù preparato per il Calendario per chi lo volesse rifare 250 g di muscolo si primo taglio, 500 g di braciole, 250 g di corazza, 300 g. di tracchie di maiale, 1 gallinella.
Ma ogni famiglia ha la sua ricetta, dosi e proporzioni ecco quella di Eduardo De Filippo raccontata da Sophia Loren.
Se desiderate conoscere la bontà della salsa genovese:
Manuela Valentini – Salsa genovese con fusilli
Testo e foto ragù di Anna Calabrese
Foto Genovese di Manuela Valentini