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Cibo nell’Arte

del cibo nell'arte

Poiché la rappresentazione del cibo nell’arte è nata, si può dire, quasi con l’arte stessa, nella Giornata del Calendario che la celebra abbiamo potuto indagarla da punti di vista differenti: i suoi significati simbolici nel 2017, con gli approfondimenti Mangiare con gli occhi e Simbologia delle foglie di vite; nel 2020 i simboli della natura morta seicentesca e contemporanea; nel 2018 e nel 2019, ricette che riproducevano dipinti; nel 2021 l’iniziativa tra chef e pittura promossa dalla Galleria degli Uffizi di Firenze; nel 2022 un buffet floreale ispirato ad una mostra milanese di Nature Morte.

Questa volta partiamo invece da un dipinto che ci aiuta a tracciare la storia di un piatto semplicissimo, che vede le sue origini nel mondo classico anche se il dipinto in questione è di metà del ‘700: parliamo di pane e pomodoro.

del cibo nell'arte

Si tratta della Natura morta con pomodori, cipolle, agli, cetrioli, pane e utensili da cucina opera di Luis Egidio Meléndez, pittore nativo di Napoli che però operò a lungo anche in Spagna. Figlio d’arte ed esperto miniaturista, tra il 1760 e 1772 circa era stato incaricato di dipingere una serie di nature morte per il Castello Reale di Aranjurez. Questo dipinto ha numero d’inventario 25 e, mentre molti dei suoi “compagni” sono conservati al Prado di Madrid, questo è molto più facilmente ammirabile a Milano, esposto in questo periodo nella galleria Altomani & Sons.

Ma facciamo un passo indietro di almeno due secoli, rispetto al dipinto, quando Hernan Cortés tra il 1521 e il 1525rase al suolo l’impero Azteco, sterminandone la popolazione ed annientandone la cultura e l’arte. Da quelle terre che noi oggi conosciamo come Messico, arrivarono in Europa solo “beni materiali” come schiavi, metalli preziosi, animali e frutti della terra, tra cui lo xitomatl, succosa bacca giallo oro, inizialmente considerata solo una pianta ornamentale dalle bacche addirittura velenose.

Una volta rivelatasi non solo commestibile ma anche dissetante e gustosa, la pianta ben presto si diffuse ed in spagnolo diventò tomate mentre, al suo arrivo nella spagnola Napoli nel 1596, in italiano era chiamato pomo d’oro. Nel tempo, a furia di esperimenti botanici ed incroci, si preferì favorirne le varietà rosse ad utilizzo culinario sia in Italia che in Spagna, e in pochi oramai sanno perché nella nostra lingua si definisca “dorata” una bacca rossa …

Facendo un ulteriore passo indietro, sappiamo che pane e olio, entrambi simboli di civiltà evoluta, erano già cibo romano, accompagnati spesso da aglio o cipolla e anche cetrioli, tutti addirittura già utilizzati nell’antico Egitto. Dunque da pane e olio si parte, con l’impero romano che influenzò i costumi alimentari spagnoli fino a, secoli dopo, la Spagna che influì sulla cucina napoletana.

L’aggiunta di pomodoro, fresco o cotto, ad una fetta di pane condita con olio ebbe quindi vita facile e pane e pomodoro divenne di fatto già dalla fine del ‘500 cibo comune in tutte le aree mediterranee.

Da quell’archetipo nel corso del tempo le ricette hanno poi preso caratteri sempre più locali, fino a definire i piatti che oggi riteniamo “storici” ma che prima del’500 ovviamente non esistevano: gazpacho e pa amb tomàquet in Spagna, pizza e fresella a Napoli, ma anche pappa al pomodoro e panzanella in Toscana, pan bagnat e tomates à la provençale in Francia, fattoush in Libano… solo per citarne alcuni!

Sono tutte ricette riproducibili con gli ingredienti del dipinto dell’ispano-partenopeo Meléndez dato che vedono protagonisti, oltre a pane e pomodoro, quasi solo cipolle, aglio, cetrioli e … olio.

Ma nel nostro dipinto l’olio c’è? Presumibilmente no, è improbabile che un vaso di terracotta tappato con un pezzo di tessuto lo contenesse: fin dall’antichità le giare di olio e vino venivano accuratamente sigillate per evitare il deleterio contatto del prezioso contenuto con l’aria, mentre veniva conservato coperto da pezzuole (come ancora oggi capita) l’aceto, perché filtrasse l’aria ad alimentare “la madre” ma non passasse la polvere.

L’aceto dunque, anch’esso storicamente diffuso nelle culture mediterranee, sarà ingrediente della ricetta dedicata al tema di oggi. Ovviamente insieme a pane, pomodori (qui gialli, in omaggio alla loro storia ed al loro nome italiano), cetrioli, cipolle e aglio. Non serve aggiungere altro, anche se un goccio di olio ce lo concediamo comunque, come una manciata di farina e qualche pizzico di sale e di zucchero. D’altronde di certo saranno stati tutti prodotti presenti nella dispensa settecentesca ritratta da Melendéz, magari riposti su un altro scaffale.

del cibo nell'arte
GNOCCHETTI DI PANE E CETRIOLO
CON POMODORI GIALLI E CIPOLLE GRIGLIATI

per 4 persone

400 g di pomodorini gialli
2 cetrioli da circa 200 g cad.
100 g circa di pangrattato
1 cipolla
2 spicchi di aglio
60 g circa di farina
½ cucchiaio di aceto di vino bianco
3 cucchiai di olio extravergine di oliva
sale
zucchero

Tagliate a metà i pomodori, a fettine sottili la cipolla sbucciata e tritate grossolanamente l’aglio.

Spolverate leggermente di sale e zucchero i pomodori, distribuitevi sopra l’aglio e grigliateli (o cuoceteli a secco su una piastra rigata) per circa 5 minuti, voltandoli a metà cottura. Quando sono arrostiti e morbidi trasferiteli in una ciotola e conditeli con l’olio.

Grigliate anche le cipolle, spolverizzando con poco e sale e zucchero all’inizio e spruzzandole con l’aceto verso fine cottura.

Sbucciate i cetrioli e frullatene la polpa, salando appena e mettendola poi a scolare in un colino a maglie fitte. Dovreste ottenere circa 160 ml di acqua e 4 cucchiai di polpa. Conservate la polpa in frigo.

Unite il pangrattato al liquido dei cetrioli e poi, poca per volta, la farina, fino ad ottenere un impasto sodo e malleabile. Potrebbe servire un po’ meno farina o un poco più di acqua.

Formate dei rotolini, tagliatene degli gnocchetti e rigateli sui rebbi di una forchetta, disponendoli su un telo asciutto a mano a mano che vengono pronti. Ne otterrete circa un centinaio.

Lessate gli gnocchi in abbondante acqua salata, scolateli dopo circa 2 minuti che sono venuti a galla e mescolateli al condimento di pomodori e aglio.

Dividete il tutto nei piatti individuali, distribuitevi sopra le cipolle all’aceto e poi una cucchiaiata di polpa di cetriolo fredda e servite. E’ un piatto ottimo caldo o tiepido ma perfetto anche a temperatura ambiente.

Annalena De Bortoli

Si ringrazia la Galleria Altomani & Sons, via Borgospesso, 14, Milano, per la gentile concessione dell’immagine dell’opera.
La mostra di cui in dipinto fa parte è a ingresso libero, visitabile dal martedì al sabato dalle 9 alle 19 fino ai primi di giugno. Per informazioni: tel. 02.201033.

 

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